Decreto semplificazioni: corsa contro il tempo al Senato

Una sessione della Camera dei Deputati. Immagine d'archivio.
Una sessione nell' Aula della Camara dei Deputati. Immagine d'archivio. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

ROMA. – Tempi stretti, anzi strettissimi, per la conversione in legge del decreto Semplificazioni. Il testo è al vaglio delle commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici del Senato. Poi dovrà passare alla Camera. C’è tempo in teoria fino al 14 settembre, ma in pratica sul calendario la data cerchiata in rosso è venerdì 11. Dopo infatti si entra nella settimana che precede le elezioni regionali del 20 e 21 del mese.

In tutto quindi, diciannove giorni per concludere l’iter parlamentare di un provvedimento di 65 articoli per cui sono stati presentati quasi 2.900 emendamenti, di cui 1.400 firmati da forze di maggioranza. Si voterà in commissione, nelle intenzioni, a partire da domani. Gli emendamenti che sono stati dichiarati inammissibili sono 1.200. Ma le cifre sono ancora incerte. In queste ore si sta infatti svolgendo la valutazione dei ricorsi avanzati sugli esclusi.

Quanto ai contenuti, si ragiona sullo spostamento ex post dei controlli per quanto riguarda le opere pubbliche ma anche gli interventi ambientali volti a raggiungere l’obiettivo di decarbonizzazione entro il 2025. I relatori, i senatori Vincenzo Garruti (M5s) e Valeria Sudano (Iv), sono a lavoro per razionalizzare le varie proposte.

Si punta a circoscrivere le modifiche sui capitoli portanti del decreto, che vanno appunto dagli appalti alla green economy, senza stravolgerne la struttura. L’impianto di un testo che per il Governo è “uno strumento fondamentale per utilizzare al meglio i fondi europei”, stando alle parole pronunciate nei giorni scorsi dal ministro ai Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà. E non è escluso che si sia discusso del decreto anche nel corso del vertice a palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio dei ministri e i capidelegazione della maggioranza.

Quello a palazzo Madama è il passaggio chiave. Dati i tempi il testo arriverà blindato a Montecitorio. Senza dimenticare che c’è un altro veicolo normativo in circolo: il dl Agosto.

Modifiche che non troveranno spazio nel dl Semplificazioni, potrebbero essere riproposte in sede di conversione del provvedimento più “giovane”. Il dl Agosto, appena incardinato in Senato, scadrà a metà ottobre.

Le commissioni sono pronte al tour de force, a lavorare la notte e nel weekend per sfrondare centinaia di emendamenti. Per sapere precisamente quanti bisognerà però aspettare domattina, quando arriverà il verdetto sugli ammissibili. In ballo ci sono 200-300 proposte per cui è stato presentato ricorso. Il provvedimento è atteso in Aula martedì primo settembre, quindi si punta a chiudere lunedì in commissione. Si aspettano però i pareri della commissione Bilancio e del Governo.

I relatori contano sulla collaborazione delle opposizioni e sul perímetro ben delineato per le modifiche. La capogruppo di Forza Italia alla Camera, Mariastella Gelmini, lamenta però un destino che pare già “segnato”, con il Parlamento “ridotto a mero passacarte per i ritardi del governo”.

Ripercorrendo i caposaldi del decreto, tra le principali novità c’è la possibilità, in via transitoria per il prossimo anno, di affidamenti diretti per opere fino a 150 mila euro e procedure negoziate fin sotto la soglia di rilevanza europea.

Scaduti i termini per un adempimento vale la regola del silenzio assenso. Viene limitata la responsabilità per danno erariale ai soli casi di dolo e viene meglio definito il reato di abuso d’ufficio. Ora i funzionari pubblici rischiano di più a bloccare le opere piuttosto che a darne il via libera. Ma la cosa non piace all’associazione dei magistrati della Corte dei Conti, che chiedono la cancellazione delle norme sulla “deresponsabilizzazione”.

Vengono poi velocizzati i lavori sulle infrastrutture di rete per le comunicazioni elettroniche e la banda ultralarga. E si introduce la razionalizzazione delle procedure di valutazione d’impatto ambientale (Via) associate alle opere pubbliche.

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