ROMA. – La pandemia di Covid-19 ha dato vita ad uno sforzo senza precedenti per l’individuazione di possibili terapie, ma dietro agli oltre 1200 test clinici registrati nel mondo si nasconde un universo di sprechi, disorganizzazione e perdita di risorse, con una buona parte delle sperimentazioni che molto difficilmente porteranno ad un esito positivo.
A svelarlo un’analisi condotta dal sito specializzato Stat e dalla compagnia AppliedXL, secondo cui molti studi sono troppo piccoli, non hanno un gruppo di controllo o si concentrano su pochi trattamenti, a partire dall’idrossiclorochina e dalla clorochina.
Il rapporto spiega che il 39% degli studi registrati sul database statunitense Clinicaltrial.gov, che raccoglie quelli condotti in tutto il mondo, ha meno di 100 pazienti arruolati e 38 su 100 non hanno ancora neanche cominciato la selezione dei pazienti.
Se gli studi sono troppo piccoli e non hanno un gruppo di controllo con il placebo, dicono gli esperti, rischiano di non essere in grado di capire se un miglioramento è dovuto al farmaco o alla naturale variabilità della prognosi dell’infezione, che in alcuni soggetti dà sintomi lievi e in altri molto gravi.
Inoltre, dei 685mila pazienti totali che dovrebbero partecipare ben 237mila (il 35%) sono coinvolti in test che riguardano idrossiclorochina o clorochina, mentre altre potenziali terapie non verranno probabilmente studiate per mancanza di soggetti.
“E’ un grande spreco di energie e di risorse – commenta Martin Landray della Oxford University, uno dei principali ricercatori dello studio Recovery, uno dei più grandi in corso, organizzato dal governo britannico – quando un po’ più di coordinamento e collaborazione avrebbero potuto andare lontano e rispondere ad alcune domande fondamentali”.
Sono poche le eccezioni censite dallo studio. Fino a questo momento gli unici a dare risultati giudicati affidabili sono stati due, appunto il Recovery, che ha scoperto che il desametasone abbassa la mortalità, e uno condotto dal National Institutes of Health statunitense che ha dimostrato alcuni benefici dall’uso del farmaco Remdesivir. Va un po’ meglio, commenta Susan Desmond-Hellmann, ex Ceo della Bill and Melinda Gates Foundation, sul fronte dei vaccini.
“I vaccini si stanno sviluppando in maniera più metodica – sottolinea – sarebbe stato meglio che le ricerche sui nuovi farmaci fossero più organizzate, piuttosto che cercare semplicemente di provare qualunque cosa fosse possibile”.