L’Italia autorizza la vendita di due fregate all’Egitto

Il presidente dell'Egitto, Abdel Fattah al Sisi con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Immagine d'archivio.
Il presidente dell'Egitto, Abdel Fattah al Sisi con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Immagine d'archivio. (ANSA/EPA)

ROMA.  – Via libera alla vendita di due fregate Fremm all’Egitto. Il disco verde, a quanto ha appreso l’ANSA, è arrivato in queste ore, all’indomani della telefonata tra il premier Giuseppe Conte e il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, dedicata principalmente al dossier libico e al caso Regeni, che dopo oltre 4 anni non ha ancora trovato giustizia.

La decisione del governo sarebbe stata condivisa con i vertici di Fincantieri, che era in trattativa con Il Cairo e attendeva appunto l’autorizzazione all’esportazione delle due navi, la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi, per un valore stimato di circa 1,2 miliardi di euro: si tratta di due fregate realizzate per la Marina Militare italiana, che dovranno quindi essere rimpiazzate con altre due navi di nuova costruzione.

L’Egitto è del resto tra i principali Paesi destinatari dell’esportazione di armi italiane, ma la notizia della vendita delle due fregate – trapelata a ridosso dell’anniversario della barbara uccisione dello studente friulano nel febbraio del 2020 – aveva già rinnovato il dolore dei genitori di Regeni e suscitato le proteste di chi si batte per la “verità per Giulio”, che imputano al governo di fare affari con chi calpesta i diritti umani.

Dal canto suo il governo egiziano ha sempre asserito di voler fare luce sulla fine di Giulio, ma nei fatti la collaborazione tra gli investigatori dei due Paesi non si è mai spinta oltre l’operazione di facciata. Il nome di Regeni non appare nemmeno nel comunicato della presidenza egiziana con cui ieri è stata data notizia della telefonata tra Conte e Sisi.

“Quale Paese venderebbe mai un intero arsenale militare ad un autocrate che permette l’assassinio di un suo cittadino?”, si chiede Giorgio Beretta sul sito dell’Osservatorio diritti.

Alla triste sorte del ricercatore di Cambridge si è poi uñita negli ultimi mesi anche quella di Patrick Zaky, studente egiziano dell’Università di Bologna, arrestato al Cairo dove era tornato per una breve vacanza e da allora in una perenne custodia cautelare in carcere. Anche per lui si sono moltiplicati gli appelli di associazioni e istituzioni, ancheeuropee, ma dal Cairo nessuna risposta concreta.

La vendita di armi all’Egitto fa discutere anche sul piano libico, dove l’ingerenza di forze straniere nell’uno e nell’altro campo alimenta una guerra senza fine. Al Sisi è infatti, con la Russia e gli Emirati Arabi, uno dei più grandi sponsor del generale Khalifa Haftar, al cui fianco è corso nei giorni scorsi proponendo un’iniziativa unilaterale che potesse fare uscire dall’angolo l’uomo forte della Cirenaica in ritirata dopo mesi di tentato assalto a Tripoli.

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