Happy Halloween!

Il male c’è nella moderna società occidentale. Accettiamo – almeno per parlarne – le streghe, i fantasmi, i vampiri e, negli ultimi anni, perfino gli zombi. Scarseggiano però i demoni, una volta molto apprezzati. È difficile dire come mai. Forse perché non se ne vedono molti? O invece perché, osteggiati sia dalla Chiesa che dai razionalisti, è mancato il sostegno “istituzionale”?

Comunque sia, c’è una società moderna, il Giappone, che ne conserva la memoria e anche – attraverso i robot combattenti dei suoi manga – le forme e la funzione.

La figura qui sopra – Uwan (うわん), un essere specializzato nella spaventosa frequentazione degli edifici abbandonati – è uno dei molti demoni catalogati nel Bakemono Zukushi, un lungo rotolo di pergamena creato da un’artista sconosciuto del periodo Edo (1603-1868), una fase storica giapponese che prese il nome dalla capitale, per l’appunto Edo, ribattezzata Tokyo nel 1869.

Gli yokai (letteralmente, “manifestazioni inquietanti”) giapponesi si caratterizzano per la considerevole specializzazione: come Kami-kiri (カミキリ), che era noto per avvicinarsi furtivamente alle persone per rubargli i capelli con la sua bocca da forbice, Ushi-oni (ウシオニ), un mostro marino con la testa di una vacca e il corpo di un gigantesco granchio, oppure Daichiuchi (ダイチウチ), con un corpo dalle sembianze umane, ma con il rostro e gli occhi di un uccello rapace. Uccideva le sue vittime con un pesante martello.

Il catalogo è visitabile sulla Yokai Database dell’International Research Center for Japanese Studies. Consigliamo particolarmente la visione di Uma-shika (ウマシカ), un yokai  con una testa dalla forma di un cavallo (zoccoli compresi), un corno in cresta e un singolo occhio sporgente. Valevole anche Oyajirome (ウシロメ): ha un occhio sul retro della testa e una mano con un solo dito, armato però di un lungo e acuminato artiglio.

(di Jaime Hansen)

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