Schultz addio a Starbucks, guarda a Casa Bianca 2020

Starbucks Corp. CEO Howard Schultz durante la cerimonia di apertura di una nuova sede.
Starbucks Corp. CEO Howard Schultz durante la cerimonia di apertura di una nuova sede. (AP Photo/Kin Cheung)

NEW YORK. – Howard Schultz lascia Starbucks dopo 40 anni e ammette, per la prima volta esplicitamente, di valutare una sua discesa in politica, forse già alla corsa alla Casa Bianca del 2020. L’addio di Schultz affonda i titoli della popolare catena di caffetterie, che arriva a perdere fino al 3% ‘orfana’ del suo volto per decenni e soprattutto fra l’incertezza sulle sue prospettive in un mercato, quello del caffè, sempre più competitivo.

Noto oppositore di Donald Trump, Schultz ormai libero dal suo ruolo di presidente di Starbucks – incarico che lascerà ufficialmente il 26 giugno – attacca l’amministrazione. Senza mai nominare Trump esplicitamente parla della mancanza di ”dignità e rispetto” all’interno della Casa Bianca e di ”atteggiamento al vetriolo” del presidente su più fronti.

Su quello del commercio dice: ”siamo in una battaglia che non capisco. Il nostro problema non è la Cina ma un debito di 21.000 miliardi di dollari, su cui paghiamo 400 miliardi di di interessi”. Anche sull’immigrazione non lesina critiche: ”non abbiamo una politica umana. Abbiamo bisogno di maggiore sicurezza ai confini” ma molte delle cose che vengono dette non corrispondono alla realtà, aggiunge. ”Perchè non uniamo le forze e accantonando l’ideologia facciamo quello che è nell’interesse degli americani? Il 70% vuole una buona politica dell’immigrazione” aggiunge.

Soffermandosi sui temi di attualità, che infiammano il dibattito, Schultz ribadisce la sua preoccupazione per le divisioni interne negli Stati Uniti e per il ruolo del paese sul palcoscenico mondiale. Sulle sue prossime mosse non si sbilancia del tutto, è ancora troppo presto, dice criticando velatamente anche i democratici, molti dei quali si sono spinti troppo a sinistra.

Su una sua candidatura alla Casa Bianca si inseguono da tempo indiscrezioni. L’elezione di Donald Trump ha cambiato le carte in tavola e i requisiti per diventare presidente, rendendo ‘obsoleto’ quello di essere un politico di professione. E così negli ultimi mesi si è intensificato il toto nomi dei possibili sfidanti di Trump nel 2020 sia fra le fila democratiche sia fra quelle repubblicane.

E’ circolato il nome di Oprah Winnfrey, che poi ha smentito senza però convincere tutti. Quello di Bob Iger, il numero uno di Walt Disney che ha rinunciato alle sua ambizioni politiche dopo l’offerta di Topolino sugli asset di Fox. Quello di Jamie Dimon, l’amministratore delegato di JPMorgan e quello di Mark Cuban, il miliardario che deve prima convincere sua moglie. Candidature tutte per ora ipotetiche che mostrano però la tensione della scena politica americana e che rischiano di trasformare in un grattacapo per i democratici e i repubblicani le elezioni del 2020.

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