Trent’anni di missione in Venezuela. Don Giorgio: “Io, un prete contento”

CARACAS – Si è celebrata ieri la Giornata Missionaria Mondiale. Il Papa durante il suo Angelus domenicale in Piazza San Pietro – teso a sottolineare i disagi e le difficoltà vissute dai missionari religiosi e laici che “consacrano la loro esistenza a portare il Vangelo nel mondo” – ha ricordato don Ruggero Ruvoletto, il sacerdote recentemente ucciso in Brasile e Padre Michael Sinnot, sequestrato pochi giorni fa nelle Filippine.


Fortunatamente non tutti sono andati incontro a destini così tragici e continuano a coltivare con passione la loro opera. Ad esempio Don Giorgio Bissoni, che sul Corriere Cesenate, intervistato da Barbara Baronio, racconta i suoi 40 anni di missione in America Latina, dove ha vissuto in quattro diverse realtà diocesane, formando 7 nuovi sacerdoti e seguendo le anime di parrocchie con addirittura 50mila abitanti.


Il sacerdote racconta gli anni in Colombia, un “mondo conosciuto all’inizio solo attraverso i libri”, dove arrivò nel ’68.


– Era il momento dei grandi ideali sui quali si stava definendo un nuovo assetto mondiale. Davanti a tale quadro abbiamo ritenuto indispensabile condividere la vita con la gente che incontravamo e buttarci nell’ambito educativo. Così abbiamo fondato un collegio.


Il parroco racconta poi la sua esperienza in Venezuela, dove risiede dal 1977.


– Dopo La Guaira, dove siamo rimasti per dieci anni, ci siamo rivolti ad oriente. Fino al 2001 siamo stati nella diocesi di Cumanà e più precisamente alla parrocchia della Guiria e successivamente ci siamo trasferiti nella diocesi di Carupano, alla chiesa di Playa Grande, dove opero ancora oggi aiutato da uno dei miei allievi di Guiria.


La parrocchia della Playa, come racconta Don Bissoni, “conta 40mila abitanti, in buona parte cattolici”. Parocchiani che “si limitano al battesimo e non accedono agli altri sacramenti” perchè “il matrimonio non è sentito né dal punto vista civile né da quello religioso e si prediligono le cosiddette unioni naturali. Per intenderci in un anno celebrerò al massimo 15 matrimoni”.


Stimolare la comunità, stare con la gente, impegnarsi nella pastorale sono i primi obbiettivi di un missionario, ma don Giorgio per la sua parrocchia di Playa Grande ha anche in progetto la realizzazione della casa della Carità.


– Gli ‘ultimi’ in Venezuela sono tanti – spiega don Giorgio -. Hanno bisogno di sostegno nella malattia, non hanno una casa, un’educazione. Inoltre ci sono tanti disabili dalla nascita, forse per il dilagare dell’alcol. Il nostro obiettivo è quello di far nascere un luogo, un punto di riferimento e d’accoglienza aperto solo durante la giornata in cui chi vive per strada o è in difficoltà possa trovare un piccolo aiuto. Non abbiamo la pretesa di risolvere i problemi, ma per ora vogliamo offrire un percorso educativo e formativo e un luogo sicuro dove è bandita la solitudine.


La struttura sarà coordinata dall’Avsi che grazie ai suoi volontari attiverà i progetti e ne garantirà il funzionamento.


Riguardo ad un suo definitivo rientro don Giorgio sorride:


– Prima o poi non escludo di ritornare a Cesena per restare. Dopotutto quando si sono avviate le opere, è bene lasciare spazio e non dare fastidio!.