Mattarella contro gli steccati, rischio ritorno dei nazionalismi

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella al suo arrivo al Teatro Verdi, Gorizia, 26 ottobre 2016. ANSA/ UFFICIO STAMPA QUIRINALE - PAOLO GIANDOTTI -------------------------------------------------------------------------------------------
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella al suo arrivo al Teatro Verdi, Gorizia, 26 ottobre 2016. ANSA/ UFFICIO STAMPA QUIRINALE - PAOLO GIANDOTTI  -------------------------------------------------------------------------------------------
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella al suo arrivo al Teatro Verdi, Gorizia, 26 ottobre 2016. ANSA/ UFFICIO STAMPA QUIRINALE – PAOLO GIANDOTTI
——————————————————————————————-

GORIZIA. – Dove c’erano barriere ora ci sono vasi di gerani, a dire un confine che non esiste più, quello di Gorizia tra Italia e Slovenia. Dove si combatteva uno contro l’altro, ora l’Europa unita garantisce la pace e lo sviluppo. Un’Europa alla quale le critiche servono, anche “severe” ma in senso “costruttivo” per evitare l’erezione di altri muri e il ritorno dei nazionalismi. Sta in questi temi la visita che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha compiuto a Gorizia, nel centenario della sua unione all’Italia al termine delle sanguinose Battaglie dell’Isonzo. Assieme a lui c’era l’omologo sloveno, Borut Pahor, a esaltare il destino di pace tra i popoli dopo un secolo di guerre fratricide.

Nessun accenno alle polemiche tra Roma e Bruxelles sulla manovra ma certamente la sottolineatura del presidente cade in giornate molto calde sul fronte europeo, nelle quali il premier insiste nel minacciare il veto italiano al Bilancio comunitario e alla vigilia di una risposta del Governo ai rilievi sulla manovra che la Commissione attende per domani.

Dopo aver assistito all’Alzabandiera a Trieste, nel 62/o anniversario del ritorno del capoluogo giuliano all’Italia, Mattarella si è recato a Gorizia, dapprima nel parco della Rimembranza a rendere omaggio alle vittime del primo conflitto e i martiri delle Foibe. Poi al teatro Verdi la solenne cerimonia, assieme a Pahor, alle autorità locali e a due gruppi di bambini che hanno intonato gli inni nazionali dei due Paesi.

Esaltando Slovenia e Italia come “modello di cooperazione per l’Europa e il mondo” grazie a un confine che “sino a pochi anni or sono concreto e visibile, si è progressivamente smaterializzato”, Mattarella ha dato merito di ciò alla costruzione dell’Unione europea. Ma “troppe volte – ha ammonito – nella dialettica interna e internazionale l’Unione viene criticata, le sue regole trattate come l’esempio di una burocrazia complessa e a volte addirittura oppressiva, come un limite rispetto a un passato esclusivamente nazionale che qualcuno vorrebbe raffigurare come una sorta di ‘età dell’oro’.

Questo giudizio non rispecchia le straordinarie conquiste di un modello di convivenza e di crescita unico al mondo”, ha rimarcato il Capo dello Stato. Le sue parole non sono state solo un monito a frenare quella che Mattarella ha definito “l’insistenza con la quale, altrove, si continuano a mettere in discussione i valori fondanti dell’Unione e non soltanto le sue scelte, evocando velleitariamente la costruzione di nuove barriere”.

Nel suo discorso, il presidente della Repubblica ha tenuto a sottolineare che “l’unione dei popoli europei, dei cittadini dei nostri Paesi, è un progetto di grande valore che va coltivato quotidianamente, anche per rimuoverne le imperfezioni, le contraddizioni, per migliorarlo sulla base di una critica anche severa ma costruttiva, attenta e, soprattutto, di spinte ideali all’altezza dei tempi e della storia”. Dibattito e confronto, dunque, ma “costruttivo”.

Parole che hanno trovato il consenso di Pahor, che ha brevemente ricordato l’esaltazione del momento dell’adesione della Slovenia all’Ue e alla caduta dei confini, tanto che, ha detto, “non posso immaginare che questi bambini – indicando le scolaresche nel teatro goriziano – possano vivere con un confine. Non è questo il momento di sentire le sirene dei nazionalismi e nasconderci, semmai è il momento per credere all’Europa che offre pace, sicurezza e benessere”.

Una visione che è stata fatta propria anche dalla presidente del Friuli Venezia Giulia e numero due del Pd, Debora Serracchiani, per la quale se è ormai vero che “il confine è ciò che ci unisce, non ciò che divide”, tuttavia si è interrogata sulla vicinanza della guerra, chiedendo provocatoriamente se gli Stati “saranno più sicuri senza le istituzioni europee, oppure sarebbe saggio lavorare per rinsaldarle, dare loro anima, identità e forza per respingere le minacce”.

Una volontà comune di pace e di scommessa sul futuro europeo comune che, infine, i due Capi di Stato hanno espresso andando insieme a inaugurare il monumento alle vittime slovene del fronte isontino della Grande Guerra, a Doberdò del Lago (Gorizia). Nel segno della riconciliazione reciproca dopo 100 anni da una guerra fratricida.

(dell’inviato Andrea Buoso/ANSA)

Lascia un commento