Un italo americano alla corte di Re Trump

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NEW YORK – Paul Manafort, un italo-americano alla corte di “Re Trump”. Dopo il “Super Tuesday”, il cammino del frontrunner repubblicano è tutto in discesa. Il magnate newyorchese si è imposto, e lo ha fatto senza lasciare margini a dubbi, nei cinque stati chiamati a pronunciarsi in questa peculiare corsa alla “nomination”.

Ora Trump, certo di arrivare alla “Convention” con la maggioranza dei delegati, dovrà convincere la “Grand Old Party”, nel caso che l’ultima conta, come indicano i sondaggi, non dovesse dargli una certezza matematica.

Il discorso di Trump, ora, non è più quello del pre-candidato. Si è trasformato in quello dello sfidante repubblicano, aspirante alla poltrona della Casa Bianca. Il messaggio, nel discorso dell’altra sera, è stato chiaro.

– Vinceremo al primo voto – ha detto -. Batteremo Hillary facilmente.

Oggi Trump terrà un discorso importante su temi di politica estera. Dovrà dimostrare che, al di là degli slogan elettorali e dei discorsi pasticcioni – caratterizzati dalla violenza della demagogia e dalle promesse impregnate di un populismo rancio – ha i numeri per essere il presidente della nazione più potente del mondo. Insomma, l’uomo giusto per la Casa Bianca.

Archiviata con un laconico comunicato l’era di Carey Lewandowski, che fino a ieri ha disegnato le strategie della campagna elettorale del frontrunner repubblicano, Trump ora ripone tutte le sue speranze su un italo-americano, Paul Manafort, assai noto nel mondo della politica americana. Manafort è una vecchia volpe, un avvocato di 67 anni già consigliere di presidenti e candidati repubblicani – leggasi, Gerald Ford, George H Bush, George W Bush e Jhon McCain -, un lobbysta formatosi nelle aule della Georgetown University.

Le origini italiane di Paul Manafort si fanno risalire al nonno. Questi, il cui cognome forse era Manaforte poi trasformato in Manafort, pare sia stato un umile emigrante che si è fatto spazio nella terra promessa nella quale ha realizzato il suo “sogno americano”

Subirà una trasformazione di 180 gradi la campagna elettorale di Donald Trump? A dissipare ogni dubbio è stato lo stesso Manafort:
– Il messaggio di Trump non cambierà nei suoi concetti fondamentali, ma sarà presentato in modo diverso. Avevamo un messaggio che ha funzionato, ma che non era pensato per l’intera durata della campagna. Bisogna creare un nuovo modello, più tradizionale, e Trump lo sa. Stiamo lavorando insieme su questo. Dal mio punto di vista tutto questo balbettio dei nostri rivali durante le ultime due o tre settimane è stato un circo mediatico geniale, ma sarà completamente irrilevante se noi lavoriamo bene.

Le responsabilità del lobbista, per ora, riguardano solo la strategia e la struttura della campagna elettorale del candidato repubblicano. Si punta sulla maggioranza dei delegati e quindi sulla coronazione finale di “Re Trump” nella “Convention”. Ma questa, si sa, è solo una possibilità e, vista la matematica, anche una probabilità remota. Per questo Manafort ha anche assicurato che, qualora ci si avviasse verso una “Convention aperta”, il nuovo team avrebbe già pronto un “piano di contingenza”.

Nel presentare il nuovo stratega, nel suo portale, “Trump make America great again”, il magnate del mattone asserisce:

“Paul è una grande risorsa e un importante valore aggiunto. Lui e l’intera squadra che sto costruendo garantiranno che sia rispettata la volontà degli elettori repubblicani, e non dell’establishment politico di Washington, nella selezione del candidato del partito repubblicano. Non vedo l’ora di vincere la nomination e, infine, la presidenza, per rendere l’America di nuovo grande”.

Nonostante abbia lavorato in più di una campagna elettorale, Manafort non è molto conosciuto a Washington. Habitué della “Trump Tower”, nel cuore di Manhattan, dove era solito incontrare Trump, come capita ai buoni vicini, Manafort ha sempre amato vivere nel distretto di Columbia.

Il suo ingresso alla politica è avvenuto quando, ancora giovane, nel 1976, integrò lo staff di Gerald Ford come legale. Poi, attraverso la sua società di consulenza, è riuscito a crearsi una fitta rete di contatti e relazioni.

Non tutte le consulenze di Manafort si sono svolte negli States e, come affermano alcuni detrattori, non tutte sono state realizzate seguendo i cristallini principi della trasparenza.

Comunque sia, Paul Manafort, negli anni, ha dimostrato di saper essere assai discreto, quasi invisibile, di saper sussurrare consigli alle orecchie dei candidati alla presidenza e di essere capace di sopravvivere agli intrighi di Palazzo.

(Mariza Bafile/Voce)

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