Petrolio, nuovo record: sfiorati i 64 dollari il barile


ROMA – Ancora record. Il petrolio taglia un nuovo traguardo e, senza arrestare la propria corsa, torna a raggiunge altre vette a Londra e New York, dove il greggio è arrivato sfiorare la quotazione di 64 dollari al barile. Le contrattazioni di ieri hanno riscritto tutti i primati precedenti, con il Brent che ha toccato un picco di 62,60 dollari al barile e il Wti che ha prima superato la soglia dei 63 dollari, per poi stabilire il nuovo record storico fermandosi alla soglia dei 63,99 dollari, il valore più alto dal 1983. Riprende così la tendenza al rialzo dell’oro nero.


La scorsa settimana, per la prima volta, la quotazione del petrolio al Nymex aveva chiuso sempre al di sopra dei 60 dollari al barile – con un prezzo massimo di 62,50 raggiunto mercoledì – e il Brent, il greggio di riferimento europeo quotato sulla piazza di Londra, aveva superato i 61 dollari al barile, segnando il nuovo massimo storico dalla sua introduzione, nel 1988.


Ancora una volta a spingere verso l’alto i prezzi del greggio è un insieme di fattori, che mette insieme l’instabilità politica del Medio-Oriente e la crescente domanda di prodotti energetici. Preoccupa soprattutto la situazione in Arabia Saudita, dopo la morte del re Fahd lo scorso lunedì 1 agosto. Il paese saudita ha cercato di rassicurare i mercati, affermando che nulla cambierà nella sua politica petrolifera, ma restano i timori, per l’instabilità che potrebbe caratterizzare il periodo di transizione e per l’eventualità di attentati terroristici. Timori che sono aumentati dopo che gli Stati Uniti hanno deciso di tenere chiuse per due giorni, ieri e oggi, le proprie sedi diplomatiche in Arabia Saudita, l’ambasciata di Riad e i consolati di Gedda e Dharan. All’origine della chiusura – si legge sul sito dell’ambasciata Usa – “minacce’’ agli edifici del governo statunitense.


Sempre sul fronte mediorientale, le preoccupazioni degli operatori riguardano anche l’Iran, che ieri ha ripreso le sue attività nucleari, nonostante gli ammonimenti dell’Unione europea su possibili sanzioni internazionali. La scorsa settimana l’Iran, secondo produttore dell’Opec, aveva previsto un’imminente rialzo del greggio fino alla possibile quotazione di 70 dollari al barile. Non diminuiscono poi le preoccupazioni sulla possibilità delle raffinerie di tenere il passo della domanda di benzina e gasolio. Gli impianti Usa, che ormai da marzo lavorano a oltre il 90 per cento delle loro capacità massime, si trovano in questi giorni a dover soddisfare richieste record. Le scorte di gasolio sono in diminuzione, elemento particolarmente preoccupante in un periodo, quello estivo, in cui la domanda Usa è tradizionalmente forte. E, come se tutto ciò non bastasse, l’agenzia France Press segnala che negli ultimi giorni anche il caldo ha contribuito a complicare le cose, spingendo al rialzo la domanda energetica.