Europa, la peggiore crisi di profughi del Dopoguerra

Migrants walk along a beach on the Greek southeastern island of Kos, Wednesday, Aug. 12, 2015. (ANSA/AP Photo/Yorgos Karahalis)
Migrants walk along a beach on the Greek southeastern island of Kos, Wednesday, Aug. 12, 2015. (ANSA/AP Photo/Yorgos Karahalis)
Migrants walk along a beach on the Greek southeastern island of Kos, Wednesday, Aug. 12, 2015. (ANSA/AP Photo/Yorgos Karahalis)

BRUXELLES. – Dalla Grecia a Calais, dall’Ungheria all’Italia, l’Europa affronta “la peggior crisi di rifugiati dalla Seconda guerra mondiale”. A riprova della pressione eccezionale evocata in sala stampa, a Bruxelles, dal commissario Ue all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos, ci sono i dati record dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), secondo i quali nel 2015 gli arrivi in Ue sfiorano i 250mila, più dell’intero 2014 (219mila), con “almeno 2.300” morti sulla rotta del Mediterraneo.

“Non c’è una risposta semplice o unica. Né alcun Paese può affrontare la questione da solo”, perché l’impresa è “titanica”, spiega Avramopoulos, che esorta gli Stati membri alla “solidarietà”, a perseguire la strada di “un approccio più europeo”, al “coraggio collettivo di andare avanti con gli impegni presi, anche quando è difficile e sono impopolari”.

Il rappresentante dell’esecutivo Juncker è da poco tornato da Atene, dove ha messo a punto un piano d’azione con sei ministri del governo Tsipras, per aiutare il Paese a far fronte all’emergenza profughi. Frontex nei giorni scorsi ha reso noto che in Grecia, a luglio, sono sbarcati quasi in 50mila, totalizzando in un solo mese più arrivi di tutto il 2014 (41.700). E secondo l’Oim nel 2015, sono 134.988 i migranti che hanno attraversato dalla Turchia alla Grecia. Per portare un pò di sollievo, nei prossimi giorni da Bruxelles arriveranno circa 32,74 milioni di euro tra fondi previsti e soldi straordinari, oltre agli aiuti del meccanismo di protezione civile europeo.

Un altro fronte caldo resta quello dell’Ungheria, dove nel solo mese di luglio gli arrivi sono stati 35mila. “L’Ungheria è diventato, assieme a Italia e Grecia, un Paese di prima linea”, dice Avramopoulos. Budapest ha inviato all’Ue una richiesta di 8 milioni di euro per far fronte all’emergenza e Bruxelles “ci sta lavorando senza ritardo”. Secondo l’Oim nel Paese magiaro sono state registrate 110mila richieste di asilo quest’anno, cinquanta volte più del 2012. E se prima del progetto della barriera al confine con la Serbia gli arrivi erano circa mille al giorno, ora che si ultima la sua costruzione sono schizzati a 1.500, in un disperato tentativo di non perdere l’ultima chance.

Il commissario Ue ribadisce la posizione dell’esecutivo Juncker “siamo per abbattere muri, non per costruirli” ed evidenzia: “La risposta è valida sia per l’Ungheria che per la Gran Bretagna” (riferendosi alla situazione di Calais), ricordando però che la sorveglianza delle frontiere è compito degli Stati e che comunque deve essere condotta nel rispetto dei diritti umani e secondo il principio di non respingimento. All’inizio del mese il ministro dell’Interno britannico Theresa May ha annunciato uno stanziamento extra di sette milioni di sterline, oltre ai 12 già concordati con la Francia, per rafforzare la sicurezza all’ingresso dell’Eurotunnel ed innalzare nuove barriere.

Intanto Bruxelles si aspetta che Parigi invii una richiesta di fondi extra. “Anche a Calais la situazione è difficile e presto sarò lì per testimoniare la solidarietà dell’Europa”, spiega Avramopoulos. Fondi straordinari all’Ue li domanda anche l’Austria, dove la capacità di accoglienza è al collasso e Bruxelles conta di stanziare la cifra entro fine mese. “I rimpatri veloci per chi non ha diritto a restare” ricorda il commissario Ue, “sono chiave” per risolvere questa situazione. E quando si chiede se l’Italia li stia facendo e con quale risultato, risponde: “sta facendo del suo meglio”.

(di Patrizia Antonini/ANSA)

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