Obama lancia l’accordo commerciale con i Paesi dell’area del Pacifico

Obama

NEW YORK. – E’ una delle eredità, l’ultima in campo economico, che Barack Obama vuole lasciare all’America e al mondo intero: l’accordo commerciale con i Paesi dell’area del Pacifico che – dall’Australia al Giappone, passando per Cile e Messico – è destinato a far nascere la più estesa area di libero scambio del pianeta. Un progetto nato innanzitutto per contrastare le mire egemoniche di Pechino su tutta la regione, a partire dal sudest asiatico.

“E’ l’ora di agire subito. Se non scriviamo noi le regole lo fara’ la Cina”, ha ammonito Obama, che sa di doversela vedere con tantissimi oppositori in quel Congresso a cui ha chiesto una ‘fast track’, una ‘corsia preferenziale’ per accelerare il varo dell’intesa. Varo ostacolato non solo dalla destra che lo accusa di voler penalizzare i posti di lavoro ‘made in Usa’, ma anche dall’ala liberal dei democratici che lo criticano per sostenere gli interessi delle grandi aziende che hanno un guadagno nel produrre fuori dai confini degli Usa.

E che la strada sia ancora in salita lo dimostrano anche le proteste con cui e’ stato accolto in Oregon, dove ha scelto il quartier generale della Nike per lanciare l’ennesima offensiva sulla Trans Pacific Partnership. Una mossa discussa, che ha inevitabilmente innescato ulteriori polemiche: il presidente sceglie la Nike, simbolo per molti di quelle multinazionali che hanno fatto le loro fortune delocalizzando e sfruttando il lavoro sottopagato di Paesi come il Vietnam, dove lavorano nove addetti su 10 del colosso dell’abbigliamento sportivo. “No fast track to the hell”, niente corsie preferenziali verso l’inferno, lo slogan degli attivisti che vedono il TPP come il fumo negli occhi.

Ma per Obama l’accordo con i Paesi del Pacifico avra’ tra i suoi risultati anche quello di sconfiggere – appunto – l’inferno, di aiutare i grandi gruppi a investire di piu’ all’estero garantendo e pretendendo dalle societa’ a cui si appalta la produzione paghe migliori e condizioni di lavoro adeguate agli standard occidentali. Il TPP e’ poi soprattutto “una chance – ha detto Obama – per creare decine di migliaia di nuovi posti di lavoro”, in America e in tutti gli altri Paesi coinvolti: Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Peru’, Singapore, Vietnam.

E i vertici della Nike annunciano che saranno almeno 10.000 i nuovi posti di lavoro che l’azienda potra’ creare negli Stati Uniti se passera’ l’intesa. Contando l’indotto – ha detto il ceo del gruppo Mark Parker – si potrebbe arrivare anche a 40.000 in dieci anni. Attualmente dell’intera forza lavoro della Nike, solo 26.000 persone lavorano negli Usa, mentre all’estero coloro che lavorano per il gruppo sono circa un milione, di cui un terzo in Vietnam.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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