Premierato: da Senato ok a elezione diretta premier, opposizioni lasciano aula

Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante il suo intervento al Senato. (Ufficio stampa)

MADRID. – L’aula del Senato approva per alzata di mano il cuore del disegno di legge costituzionale sul premierato, l’articolo 5 che prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Tutte le opposizioni sono uscite dall’aula, non prendendo parte al voto. Proteste sia in aula che in Sala Garibaldi: “bavaglio alla democrazia”, “ed è subito Pera” (con ironico riferimento all’ex presidente del Senato) alcuni dei cartelli esposti dai senatori di opposizione, ma anche riferimenti agli ultimi interventi parlamentari di Giacomo Matteotti, a un secolo dall’uccisione per mano fascista del deputato socialista. 

Secondo quanto stabilito dalla conferenza dei capigruppo del Senato, i lavori sul premierato verranno chiusi martedì 18 giugno, con le dichiarazioni di voto sul ddl costituzionale che avranno inizio alle 15.30. La capigruppo ha inoltre stabilito che le opposizioni potranno usufruire di due ore in più di discussione.  

“Sono molto soddisfatto – ha dichiarato al termine della capigruppo il presidente del Senato, Ignazio La Russa – al di là delle dichiarazioni ufficiali ho trovato una intesa concreta: abbiamo addirittura allargato i tempi eventuali di dibattito, andiamo a chiudere martedì pomeriggio i lavori del premierato”. “Penso che si possa riuscire a farlo – aggiunge – senza bisogno di sedute notturne e accontentando anche la necessità di maggiori tempi di dibattito sul premierato, che si sommano alle 50 ore di tempo totale riservato a questo provvedimento, che sono un tempo senza precedenti per una riforma costituzionale”. 

Secondo La Russa “non è escluso che, se ci fosse ancora bisogno, si possa altro dare tempo, l’importante è che abbiamo stabilito il momento in cui chiudiamo”. Sul piede di guerra le opposizioni: “Lotteremo fino alla fine per chiedere il ritiro di una riforma pessima, pericolosa, sbagliata: la maggioranza va avanti a testa bassa e le opposizioni non possono far altro che reagire e dire no, utilizzeremo tutti gli strumenti democratici che abbiamo per fermarli. Hanno deciso di provare a rispettare i tempi che si erano dati e noi siamo contrari” così il capogruppo Pd Boccia, al termine della capigruppo. 

“Ci hanno concesso – aggiunge – dei tempi aggiuntivi, due ore, che poi potrebbero anche aumentare ma non sono 60 minuti in più o in meno che cambiano 78 anni di storia. Troviamo anche abbastanza umiliante dover mendicare qualche ora in più, ci vorrebbero settimane in più. Noi contestiamo questo impianto che consente al presidente del Consiglio di scegliere il Parlamento e di scioglierlo: con la loro riforma il presidente della Repubblica non è più il garante dell’unità nazionale ma diventa un notaio e questo è molto grave, mentre il presidente del Consiglio concentra su se stessa – in questo caso – tutti i poteri. Ci preoccupa anche il loro silenzio, la loro obbedienza agli ordini del governo” conclude Boccia.

Alla ripresa dei lavori, l’aula del Senato ha approvato l’articolo 6 del ddl costituzionale, che integra l’articolo 59 della Costituzione con un premio su base nazionale. All’attacco, in aula, il ministro delle Riforme Elisabetta Casellati, esprimendo il parere sugli emendamenti all’articolo 6.  “Non accetto lezioni di democrazia da chicchessia per una legge che non prospetta nessuna deriva autoritaria e nessuna lacerazione della carta costituzionale” afferma il ministro rivolgendosi ai banchi delle opposizioni, aggiungendo: 

“Mi stupisce il richiamo che si fa in quest’aula, sul fatto che tanto la maggioranza quanto il governo siano sileziosi: da un lato protestate perché non c’è la legge elettorale, dall’altro continuate a dire che questa legge porterebbe a un’elezione a strascico. Ma come fate ad affermare questo se non c’è una legge elettorale? Fate un ‘affermazione assolutamente apodittica. Chiedete risposte ma poi non sapete ascoltare: non è certamente un ragionamento hegeliano, tesi-antitesi-sintesi”.  “Ho sempre dimostrato grande disponibilità sul merito – aggiunge il ministro – non su mille emendamenti ostruzionistici”. 

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