Il magistrato della Corte Suprema, Leopoldo Puente, ha deciso il carcere preventivo per Santos Cerdán per garantire le indagini, evitare la distruzione di prove e scongiurare una sua possibile fuga.
MADRID – Carcere preventivo senza cauzione. Per il magistrato della Corte Suprema, Leopoldo Puente, le accuse contro Santos Cerdán e le prove esistenti sarebbero sufficienti a consigliare la custodia cautelare. Tre gli obiettivi: garantire le indagini, evitare la distruzione di prove e scongiurare una possibile fuga.
La Procura, dopo le prime indagini, sarebbe convinta che Santos Cerdán sarebbe l’elemento cardine di una organizzazione delittuosa che avrebbe contraffatto contratti pubblici a proprio beneficio. Santos Cerdán, José Luis Ábalos e Koldo García sarebbero i principali protagonisti, almeno per il momento, di una trama di corruzione, mazzette e appalti irregolari.
Con il carcere preventivo la posizione dell’ex segretario di Organizzazione del Psoe e persona di assoluta fiducia del premier Sánchez si aggrava. Infatti, il magistrato non avrebbe preso una decisione così significativa, come l’arresto e carcere preventivo, se non ci fossero le prove sufficienti ad avallare le accuse della Procura.
La richiesta della Procura Anticorruzione, guidata da Alejandro Luzón, rappresenta una svolta nelle indagini. Infatti, fino ad ora, aveva solo chiesto il ritiro del passaporto e il divieto di lasciare il Paese all’ex ministro José Luis Ábalos e all’ex consulente di questi, Koldo García. Provvedimenti, questi, di ordinaria amministrazione.
Cerdán, davanti al giudice Puente per circa un’ora e mezza, ha negato le accuse. Ha negato di aver partecipato alla distribuzione di “mazzette” o all’aggiudicazione di appalti irregolari. Ha anche assicurato di essere vittima di una persecuzione. Durante l’interrogatorio non ha risposto alle domande ma ha solo rivolto la parola al suo avvocato.
La difesa di Cerdán contrasta con quanto sostiene la Procura. Questa considera che Cerdán sia «il capo di un’organizzazione criminale» che avrebbe cercato di persuadere il Governo per ottenere favori da appaltatori, aumentando i costi delle opere pubbliche, danneggiando l’integrità istituzionale.

Secondo Luzón, l’attività delittuosa avrebbe avuto inizio in Navarra, probabilmente nel 2015; sarebbe quindi proseguita a Madrid in collaborazione degli altri indagati: Ábalo e García. L’accusa avrebbe indizi solidi. Tra questi, le registrazioni di Koldo García che non lascerebbero margine a dubbi. Cerdán, che avrebbe ricevuto anche denaro in contanti, avrebbe gestito tangenti per il valore di oltre 620mila euro.
Il magistrato ha dato ordine all’Unità Anticorruzione della “Guardica Civil” di investigare il patrimonio finanziario di Cerdán e di realizzare controlli incrociati sui conti.
La notizia dell’arresto di Cerdán ha coinciso con l’intervento del premier Pedro Sánchez alla “Summit” dell’Onu a Siviglia. Immediatamente dopo ha affermato che il Psoe “ha fatto ciò che doveva”.
“Ora – ha anche detto – è il momento che la giustizia faccia il suo corso e determini responsabilità”.
In seno al Psoe regna la confusione.
“È devastante – coincidono a Ferraz –. Nel partito nessuno contemplava questo scenario. Per la nostra immagine pubblica è terribile.”
Ed ora c’è chi pensa che “cambiare alcune componenti della leaderchip federale non sia più sufficiente”.
A Genova 13 si ritiene che con l’arresto di Santos Cerdán le indagini sulla presunta trama di corruzione nel governo facciano un salto di qualità.
Cuca Gamarra, che si è dimessa dalla segreteria generale dei popolari ha sottolineato che “quando il ‘sanchismo’ va in direzione del carcere è il momento di sciogliere le Camere e restituire la parola agli spagnoli”. Ha comunque negato che i popolari stiano pensando a una mozione di sfiducia.
Redazione Madrid