Il deputato eletto nella circoscrizione America Meridionale ha ammesso che, sebbene il caso del giovane cooperante Alberto Trentini riceva una particolare attenzione mediatica, “la preoccupazione è per tutti i connazionali arrestati durante le proteste post-elettorali”.

MADRID – “In questo momento non abbiamo molte notizie sui cittadini italiani detenuti in Venezuela. Sappiamo che sono sei o sette. Credo che l’unico di loro ad avere solo la cittadinanza italiana sia Alberto Trentini. Ovviamente, la nostra preoccupazione è uguale per tutti, senza distinzione. Non importa se hanno solo la cittadinanza italiana o anche quella venezuelana”. Pochi conoscono la realtà latino-americana come Fabio Porta, deputato eletto nella circoscrizione America Meridionale. In particolare, quella del Venezuela. La conosce per le “antenne” che ha sul vasto territorio, grande tre volte l’Italia, ma anche perché vi si reca spesso. Segue, ormai da mesi, con particolare attenzione e preoccupazione il caso dei connazionali arrestati durante le proteste che hanno fatto seguito alle elezioni presidenziali i cui risultati sono stati contestati non solo dall’opposizione politica ma anche dalle più autorevoli istituzioni internazionali – queste ancora attendono che il Consiglio Nazionale Elettorale mostri le prove, ovvero i verbali elettorali originali. Ne sono prova le interrogazioni parlamentari che ha presentato sul delicato argomento.
– Il caso Trentini – spiega alla “Voce” che lo ha raggiunto telefonicamente – ha una sua specificità che lo ha fatto oggetto dell’attenzione dei media: è un cittadino italiano e, soprattutto, è un cooperante. Non era in Venezuela per ragioni di lotta politica. Pare, poi, che fosse legato da un rapporto d’amicizia e di affetto ad una giovane venezuelana. Quindi, la particolare congiuntura politica non ha nessuna relazione con la presenza di Trentini nel Paese. Ciò rende il suo arresto ancor più grave.
-A volte, come è accaduto con nordamericani e spagnoli, gli organismi repressivi arrestano cittadini stranieri, o con doppia nazionalità, per usarli come moneta di scambio o strumento di pressione, di coercizione nei riguardi delle nazioni alle quali appartengono. È questo il caso di Trentini?
– È quello che temiamo – commenta Porta –. Pensiamo che possa essere un arresto per chiedere qualcosa in cambio, proprio come si fa con gli ostaggi in tempo di guerra.
Chiediamo quali siano le condizioni psicologiche dei nostri detenuti. Porta confessa di non avere notizie neanche del loro luogo di reclusione. Alcuni, commenta, “potrebbero essere a Caracas” nel tristemente famoso “Helicoide”, sede della polizia politica e luogo di tortura come lo fu l’ESMA in Argentina durante la dittatura militare.
– Non sappiamo – prosegue – dov’è detenuto Trentini. Il giovane cooperante non ha avuto contatti con il suo avvocato, con le autorità diplomatiche italiane. La sua, come quella del resto dei connazionali, è una situazione preoccupante.
Il Caso De Grazia
Ci dice che è anche in contatto con la figlia di Americo De Grazia, ex deputato dell’Assemblea Nazionale che ha anche la cittadinanza italiana. De Grazia, insieme alla collega Mariella Magallanez, nel maggio del 2019, si rifugiò nell’Ambasciata italiana di Caracas per sfuggire alla persecuzione del Governo di Nicolás Maduro. Solo dopo una lunga gestione, condotta in prima persona dal senatore Pier Ferdinando Casini e dall’Ambasciatore Placido Vigo, a dicembre ottenne il salvacondotto per lasciare il Paese. Il senatore Casini si recò a Caracas e tornò a Roma il primo dicembre con i due esuli. De Grazia, successivamente, volle tornare in Venezuela. Lo fece il 10 giugno del 2021. Tre anni più tardi, l’8 agosto del 2024, in piena crisi post-elettorale, fu intercettato dalla polizia politica, arrestato, e condotto all’“Helicoide”. Le condizioni di salute di De Grazia, ha denunciato la figlia Maria Andreina, sono assai precarie.

– Su invito dell’Istituto Casla – ci dice Porta – ho aderito alla campagna di “adozione” di un detenuto politico. Sono, in qualche modo, il “padrino” di De Grazia. Si vuole così tenere alta l’attenzione sul suo caso.
Porta commenta che all’interno della Commissione Esteri della Camera, di cui fa parte, è stato costituito il Comitato per i Diritti Umani.
– È stato chiesto alla Commissione che presiede l’ex presidente della Camera, Laura Boldrini, l’autorizzazione per una missione ufficiale in Venezuela, volta a incontrare i nostri detenuti. O, comunque, ad avere informazioni veritiere sia sulle loro condizioni di salute, sia sul luogo di reclusione. La Commissione ha approvato la missione in cui, oltre me, ci sarebbe un gruppo di deputati di partiti diversi. Si tratta di una delegazione ufficiale. Si era a ridosso del 10 gennaio. Allora abbiamo pensato che un viaggio in quel periodo sarebbe stato poco opportuno. Uno dei problemi è la sicurezza. Senza le garanzie del Governo di poter andare, di poter incontrare i detenuti e di poterci muovere liberamente e in sicurezza, cosa che in Venezuela non è scontata, non si va.
Porta chiarisce che il caso Trentini è quello che attualmente ha più visibilità a livello mediatico e quello che permette di “spingere anche sugli altri casi”.
– Ci è stato detto che sono in corso trattative, ovviamente molto riservate. Lo capisco. Ma bisognerebbe avere qualche conferma in più. Altra cosa che ci viene riferita in maniera informale dal Governo è che si sta lavorando anche per una soluzione europea. In altre parole, che la richiesta di liberazione coinvolga tutti i cittadini europei.
La crisi in Venezuela e in Argentina
Porta è un acuto analista e conoscitore della realtà politica, economica e sociale dell’America Latina. Ha viaggiato in lungo e in largo per il Sudamerica, sia in missioni ufficiali, sia per visite di carattere privato. Conosce le caratteristiche della sua Circoscrizione. In particolare, quelle del Venezuela, dell’Argentina, dell’Uruguay e del Brasile. Riesce a cogliere sfumature che a volte sfuggono ad altri; anche ad attenti osservatori dei fenomeni latinoamericani. È il privilegio di chi ha vissuto sempre nel “realismo magico” di una parte del mondo assai particolare. È per questo che chiediamo quale sia la sua percezione di quanto sta accadendo in Venezuela e la ricaduta che possa avere sulla nostra collettività.
– La situazione è assai complicata – commenta. – Intanto, credo che sia necessario rifinanziare il capitolo sull’assistenza che garantisca, nei casi più gravi, l’accesso a determinate cure mediche e medicinali. Anche al trasferimento in Italia, se necessario. L’altro aspetto sul quale bisogna insistere, ma purtroppo credo che si vada nella direzione opposta, è quello di creare un canale privilegiato per i discendenti di italiani che desiderano la cittadinanza italiana, anche con l’intenzione di poter venire in Italia. L’Europa, in casi come quello del Venezuela, invita i Paesi membri a favorire il ritorno dei loro cittadini.

– Passiamo all’Argentina, da quanto ci viene riferito, con la presidenza di Javier Milei, come era facilmente prevedibile, la crisi economica e sociale si è aggravata. La nostra comunità, anche quella che senza essere benestante e senza vivere negli agi non aveva grossi problemi, comincia a risentirne. È effettivamente così?
– Sappiamo tutti, specialmente chi conosce bene il Sudamerica, che in Argentina, ormai, un 50 per cento della popolazione, percentuale in più, percentuale in meno, vive al di sotto della soglia di povertà. Se aggiungiamo il fatto che metà della popolazione argentina, in un modo o nell’altro, è di origine italiana, è chiaro che in quel 50 per cento della popolazione povera, o molto povera, ci sono anche tantissimi italiani. Milei si è impegnato a bloccare l’inflazione, cosa che effettivamente sta facendo con maggiore determinazione…
– Lo sta facendo con successo, ampliando la breccia tra ricchi e poveri…
– Ne sono testimone diretto. All’aeroporto di Buenos Aires, insieme al deputato Peppe Provenzano, aspettavo che arrivasse Eugenio Marino, anch’egli del Partito Democratico. Provenzano ed io abbiamo preso 2 caffè e 2 cornetti. Ho pagato 20 euro. È chiaro che all’aeroporto si paga un po’ di più. In centro, forse, avremmo pagato 15 euro. Stiamo parlando di prezzi assurdi. Ma non è solo il cornetto e il cappuccino… Ho parlato con le persone e mi chiedevo: ma come si fa a vivere con uno stipendio… perché non è che gli stipendi siano aumentati. Sono sempre gli stessi. Gli argentini quest’anno, quelli che se lo potevano permettere, hanno fatto le vacanze in Brasile o in Messico perché risultava molto più economico che andare a Mar del Plata. Questo per parlare di economia… L’aspetto sociale? Qualsiasi assistenza sociale ha subito un taglio indiscriminato che coinvolge l’educazione e tutta la spesa pubblica. Milei, con la sua motosega, è convinto che bisogna eliminare tutti i “pesi” dalla spesa pubblica. In pratica sta tagliando tutti i fondi che storicamente andavano ai centri per la memoria, alle università, alle istituzioni per i diritti umani. In conseguenza, prende sempre più forza la corrente negazionista, per la quale la dittatura non sarebbe mai esistita.
Mauro Bafile