Toni Ricciardi: dobbiamo diventare la 21ma regione d’Italia

Il deputato eletto all'estero Toni Ricciardi


Il deputato eletto nella circoscrizione Europa fa un’analisi a tutto tondo della nostra realtà e di come l’Italia dovrebbe rispondere alle esigenze che emergono dai cittadini all’estero al fine di mettere a frutto tutte le sue potenzialità. 


MADRID.- Il mondo dell’emigrazione per Toni Ricciardi, deputato eletto nella circoscrizione Europa per il Partito Democratico, non è solamente la casa in cui vive ma anche quella alla quale ha dedicato e dedica studi e professione. Storico delle migrazioni presso l’Università di Ginevra, ha scandagliato con passione e serietà il variegato e sempre cambiante universo di chi si allontana dal proprio paese in cerca di altro.

Molti i suoi scritti e le sue ricerche. Ricordiamo per esempio il contributo al  Dizionario enciclopedico delle migrazioni italiane nel mondo (Ser, 2014), gli scritti  Associazionismo ed emigrazione (Laterza, 2013), L’imperialismo europeo (Corriere della Sera, 2016), Suchard: un colosso dalle mani migranti (con I. Pellegrini e S. Cattacin, Tau, 2019). Ha poi diretto, insieme a F. Gamba, M. Nardone e S. Cattacin, Covid-19. Le regard des sciences sociales (Seismo, 2020); e curato, con G. di Lello, Dalla parte di John Fante. Scritti e testimonianze (Carocci, 2020).

Per i tipi di Donzelli ha pubblicato Morire a Mattmark. L’ultima tragedia dell’emigrazione italiana (2015, Premio «La valigia di cartone 2015»), Marcinelle, 1956. Quando la vita valeva meno del carbone (2016) e Breve storia dell’emigrazione italiana in Svizzera (2018), Il Terremoto dell’Irpinia. Cronaca, storia e memoria dell’evento più catastrofico dell’Italia repubblicana (con G. Picone e L. Fiorentino 2020), Dalla valigia di cartone al web. La rete sociale degli italiani in Svizzera (con S. Cattacin e I. Pellegrini 2022) e diretto Storia dell’emigrazione italiana in Europa (2022).

 

 

Una ricerca a tutto tondo nel mondo degli italiani all’estero di ieri e di oggi, una immersione direi quotidiana non soltanto nella loro realtà ma anche nel loro immaginario, nei sogni, progetti, nelle ferite, nelle ingiustizie e nei successi. Oggi, invece, sei nell’altra parte del nostro mondo e non solo, sei tra quelli che possono cambiare la vita delle due Italie. Qual è il bilancio dopo più di un anno di legislatura? Credi che in Italia si conosca e si capisca la potenzialità che deriva da una sua così vasta presenza in altri paesi?

Raggiungiamo Ricciardi telefonicamente e la sua risposta arriva dopo una pausa.

Ci è voluto un anno, un anno e mezzo perché tutti capissero che io ero un eletto all’estero. Noi pensiamo sempre di essere una grande risorsa, un grande patrimonio. E in effetti lo siamo. Pensiamo anche che tutti ci debbano percepire in questa forma. In realtà non è così. Siamo recepiti piuttosto come un crescente, enorme fastidio, soprattutto dal punto di vista delle risorse economiche, perché si pensa che si vogliano drenare risorse dal territorio nazionale per portarle all’estero. Molti ci vedono come un pericolo e più volte, soprattutto in questo periodo in cui si sta discutendo di riforma costituzionale e di premierato, si sollevano voci chiedendo di ridimensionare il voto degli italiani all’estero, affinché non sia pieno come quello di chi vive in Italia ma molto ponderato. È una narrazione che dura da tempo.

 

Confesso che si fa difficoltà a capire questo tipo di atteggiamenti in un mondo che diventa sempre più piccolo e interconnesso. Al di là dei paroloni che ci dispensano i politici di turno nelle loro visite lampo, esiste una realtà fatta di lavoratori di ogni tipo che promuovono la nostra cultura, la lingua, il Made in Italy. Nessun altro paese può contare su una rete tanto fitta e vasta di suoi connazionali all’estero come l’Italia ma sembra che tutto quello che avviene nel nostro mondo sia avvolto da una nebbia impenetrabile per molti italiani residenti in patria.

In molti casi si pecca di una non conoscenza e di una enorme superficialità per quanto riguarda l’analisi dell’Italia all’estero. Piuttosto che a una sua valutazione si pensa a come tagliare risorse in modo anche ingiustificato. Lo abbiamo visto con il blocco della rivalutazione delle pensioni. Detto questo, per quanto mi riguarda, ripeto quanto più volte espresso in campagna elettorale. Bisogna uscire dal ghetto. Noi siamo la 21ma regione d’Italia, ma per esserlo davvero è necessario togliersi dalla condizione di colonia alla quale bisogna riconoscere qualcosa. Dobbiamo essere inseriti all’interno di una visione generale del paese. Io, per esempio, ho scelto di essere nella Commissione Finanza perché penso che anche all’interno del Parlamento, dobbiamo partecipare a tutto tondo.

 

Ma non siamo messi allo stesso livello. E il blocco della rivalutazione delle pensioni ne è una prova.

È anche una questione di peso specifico e l’esempio delle pensioni è eclatante. L’ho detto anche in commissione. Per inciso sono soldi dovuti perché sono persone che hanno pagato i contributi, non parliamo di pensioni minime o assegni sociali. I medici che si sono trovati a dover affrontare una situazione simile hanno avuto la capacità di far sentire la propria voce e a contare su un forte sostegno. Noi siamo rimasti pressoché da soli.

 

 

L’on. Toni Ricciardi durante un suo intervento alla Camera dei Deputati. (frame video Camera WebTv)

 

Sappiamo che spesso le battaglie che ci riguardano possono contare su un sostegno allargato tra i parlamentari eletti all’estero. Purtroppo, i partiti di riferimento non sempre offrono la sponda adeguata affinché una proposta segua l’iter dovuto e diventi legge. 

Posso dire con totale onestà che il nostro partito è stato l’unico a portare fino alla fine gli emendamenti segnalati in legge di bilancio che in partenza sono tantissimi ma poi diminuiscono notevolmente. Ha anche stanziato risorse proprie dal fondo parlamentare per darle ai Comites. Per quanto mi riguarda ho avuto l’onore di vedere approvata la legge sui servizi consolari che tende ad abbattere le liste d’attesa offrendo maggiori risorse ai Consolati grazie ai fondi che entrano loro dai rinnovi dei passaporti. Molte, moltissime sono state le misure riguardanti gli italiani all’estero ma per la prima volta una proposta ha seguito tutte le tappe previste sia alla Camera che al Senato per diventare legge dello Stato. Con la convergenza di tutte le forze politiche.

 

Altre proposte sulle quali stai lavorando?

Tra qualche mese affronteremo l’Imu estero e la speranza è che anche in questo caso si possa contare sul sostegno di tutte le forze politiche. Sto lavorando per costruire questo consenso trasversale abbinando sette diverse proposte di legge e sono cautamente ottimista.

 

Come ben sai una delle questioni che stanno maggiormente a cuore alla comunità italiana in Spagna è quella della doppia nazionalità. Sembra davvero inconcepibile che due paesi europei, come sono Spagna e Italia, non permettano ai propri cittadini di avere le due cittadinanze.

Fin da subito, appena iniziata questa legislatura, ho depositato la proposta che prevede il riconoscimento della doppia cittadinanza tra Italia e Spagna. Finalmente qualche mese fa è stata approvata come risoluzione in commissione esteri per cui speriamo che si arrivi ad una positiva soluzione. Confesso che questa problematica, sollevata dalla comunità spagnola, mi ha aperto un mondo dal momento che ho potuto constatare che lo stesso problema esiste anche in altri paesi europei, come per esempio l’Austria. Ciò mi ha portato a maturare la necessità di un’ulteriore proposta di provvedimento partendo sempre dalla Spagna che è il caso più eclatante per numeri e radicamento.

 

Parliamo di Comites. Altro argomento importante per le nostre comunità.

I Comites, così come sono strutturati non possono funzionare bene. Non per scarsa volontà di chi vi si impegna ma perché non sono messi in condizione di farlo. Una delle mie mete è quella di trasformare i Comites alla pari di un qualsiasi Consiglio Comunale. Solo così, e dando loro un’adeguata dotazione economica, si potrà dare legittimità di legge alle consigliere e ai consiglieri. Se devi continuare ad elemosinare risorse sperando in questo o quel pannicello caldo, non puoi operare al meglio. Il fatto che il numero dei Comites sia aumentato dimostra che la richiesta di servizio e assistenza nelle comunità è in crescita. Ma solo con una rivisitazione delle forme di rappresentanza, Comites, CGIE, e altre sarà possibile offrire efficientemente servizio e assistenza.

 

 

 

E i Patronati? Da tempo si chiede di far partire la convenzione con il Maeci.

Anche in questa legge di bilancio ho chiesto di stornare una piccola cifra per far partire la convenzione Maeci – Patronati. Bisogna capire che i Patronati così come tutti gli altri corpi intermedi che operano nelle comunità, in realtà stanno supplendo a deficienze strutturali dello Stato centrale. Dal 2006 ad oggi siamo raddoppiati come popolazione residente all’estero e il rapporto con le risorse che l’Italia investe su questa rete sono inversamente proporzionali. Ecco perché diventa sempre più necessario creare le condizioni di un sistema integrato che veda la partecipazione e il protagonismo dei Patronati e degli altri corpi intermedi come Comites, CGIE e altri.

 

Anche la nostra rappresentanza parlamentare è diventata sempre più povera. Come hai ben segnalato con i numeri di cui disponiamo, la possibilità di incidere davvero sulle decisioni parlamentarie è molto limitata.   

Credo che vadano riscritti gli articoli 56 e 57 della Costituzione e potremmo farlo proprio adesso visto che siamo in piena discussione del Premierato. Torno a ripeterlo: la circoscrizione estero deve essere trasformata in una 21ma regione con una rappresentanza stabilita proporzionalmente al peso demografico, così come avviene per ogni regione italiana. Se è stato possibile diminuire il numero di parlamentari si può anche riaumentarlo e quindi assegnare agli italiani all’estero la giusta rappresentanza. Perché io devo essere eletto con una rappresentanza di 550mila elettori e un mio collega in Italia di 100, 150mila? È ovvio che in questo modo il nostro peso specifico cambierebbe e si riuscirebbe ad incidere maggiormente sulla politica italiana.

     

Lingua e cultura. Anche in questo campo si potrebbe e dovrebbe fare di più. Nel mondo c’è una richiesta sempre più pressante di conoscenza della lingua e della cultura italiane, fortemente apprezzate ovunque. Lo vediamo dalla vitalità delle nostre scuole e in genere delle Istituzioni che si occupano di questo settore.

Per quanto riguarda lingua e cultura considero che da tempo si protrae un’anomalia in termini che ha messo la loro diffusione sotto il cappello del Made in Italy. A livello filosofico ci può stare ma o punti a fare come fanno altri paesi e crei una rete di forti rappresentanze, penso al Cervantes della Spagna o alla British del Regno Unito, e si potrebbe fare rafforzando la Dante o creando un’altra Istituzione ad hoc, o, a livello educativo pedagogico continuiamo a delegare questo compito al volontariato. Il più delle volte gli enti gestori nascono come comitati dei genitori. È un’anomalia che crea anche forti disuguaglianze tra i territori.

 

L’on. Toni Ricciardi in una foto d’archivio.

 

Secondo tutti gli studi, ultimo il Rapporto Migrantes, vediamo che dall’Italia si continua ad emigrare e che, invece, sta diminuendo l’afflusso di chi rientra. Se pensiamo che ad andare via sono soprattutto i giovani capiamo come ciò possa diventare un fattore negativo per il futuro del paese. Ben diversa è la mobilità di chi fa qualche anno all’estero, acquisisce competenze, esperienza e poi rientra.   

Qui apri una nuova ferita. Fino a due anni fa le persone che rientravano dopo aver approfondito i propri studi e acquisito nuovo know how all’estero, potevano usufuire di uno sgravio del 90 per cento nel mezzogiorno e del 70 per cento nel resto d’Italia per cinque anni e altri tre per ogni figlio minore a carico. Erano previste facilitazioni anche per comprare la prima casa. Questa misura ha prodotto 75mila rientri negli ultimi quattro anni e un extra gettito non previsto di due miliardi. Oggi lo sgravio per tutti è stato ridotto al 50 per cento e non sono previsti vantaggi per il carico familiare. Ovviamente molti, a queste condizioni, hanno deciso di restare all’estero.

 

Ma oltre a diminuire i rientri aumentano le partenze. E non si può più parlare di fuga di cervelli.

È vero, si continua ad emigrare e, dopo aver fatto un’analisi dei dati, ho potuto constatare che la cosiddetta fuga dei cervelli nella realtà arriva a circa il 40 per cento di chi va via. Il restante 60 per cento a volte non ha neanche una laurea. Se volessi fare un raffronto storico direi che siamo tornati alla migrazione degli anni ’60, anni in cui il differenziale salariale spingeva a partire per le Americhe prima e poi per l’Europa.

In realtà i fattori che spingono a partire sono molti e sarebbe riduttivo parlare solo di quello economico o del cosidetto merito. Per quello che mi riguarda sono a favore della mobilità, credo che sia fondamentale partire, conoscere altre realtà, imparare le lingue. L’importante è saper creare leve o strumenti che permettano di valorizzare il rientro o la messa in rete di questo patrimonio.

Mariza Bafile

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