MADRID. – Mentre le operazioni militari israeliane non si fermano, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha condannato ieri gli attacchi delle ultime settimane contro l’UNIFIL, invitando “tutte le parti” a rispettare la sicurezza delle forze di pace, alcuni componenti delle quali sono rimasti feriti.
Nella dichiarazione finale, i membri del Consiglio non nominano gli autori di questi “incidenti”, ma citano le date di molti di essi. Come il 29 ottobre, quando un razzo lanciato “probabilmente” da Hezbollah o dai suoi alleati ha colpito la sede dell’Unifil. O il 7 novembre, quando cinque caschi blu sono rimasti feriti in un attacco israeliano, e l’8 novembre, quando l’UNIFIL ha accusato l’esercito ebraico di aver danneggiato una delle sue postazioni in un’azione definita “deliberata e diretta”. Da qui l’invito a “tutte le parti” affinché vengano “adottate tutte le misure per rispettare la sicurezza e l’incolumità del personale e delle strutture dell’UNIFIL”. Il Consiglio ha inoltre espresso “profonda preoccupazione per le vittime e le sofferenze dei civili, la distruzione delle infrastrutture civili”, nonché per “i danni inflitti ai siti del patrimonio culturale in Libano”.
Sempre ieri, nell’atteso incontro con il neoeletto inquilino della Casa Bianca, Donald Trump, il presidente uscente Joe Biden ha sollevato la questione degli ostaggi americani ancora trattenuti a Gaza, come ha reso noto il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan. L’amministrazione uscente ha anche inviato un “segnale” al team di transizione di Trump, dichiarandosi pronta a collaborare per garantire un accordo sugli ostaggi, ha affermato Sullivan durante una conferenza stampa.
Il principale collaboratore di Biden ha spiegato che le famiglie americane prese in ostaggio hanno sollecitato tale collaborazione quando le ha incontrate martedì, aggiungendo che la sua risposta è stata un “enfatico sì” e che l’attuale amministrazione utilizzerà ogni giorno che le resta per lavorare per il ritorno dei prigionieri tenuti da Hamas e dei loro cari. Da parte sua, il tycoon si è limitato a confermare che lui e Biden “hanno parlato molto del Medio Oriente” durante il loro incontro. Intanto, nel quadrante mediorientale si continua a morire.
L’esercito israeliano ha annunciato ieri la morte di sei soldati, uccisi nel sud del Libano, portando a 47 il numero dei suoi soldati caduti durante i combattimenti con Hezbollah dall’inizio dell’offensiva di terra in territorio libanese mercoledì 30 settembre. Tel Aviv ha anche affermato di aver ucciso tre “comandanti sul campo” di Hezbollah in due bombardamenti separati. Secondo l’esercito, erano responsabili dei settori Khiam, Tebnit e Ghajar nel sud del Libano. Inoltre, secondo il ministero della Sanità libanese, almeno otto persone, tra cui tre bambini e tre donne, sono state uccise in un attacco israeliano nella città di Aramoun, a sud di Beirut. Almeno altre 17 persone sono rimaste ferite.
Venendo a Gaza, secondo l’agenzia di stampa palestinese WAFA, almeno undici persone sarebbero state uccise nel nord della Striscia in seguito ai bombardamenti israeliani su Beit Lahia. Intervistata da Le Monde, Nadia Hardman, curatrice di uno scioccante rapporto per l’ONG per i diritti umani Human Rights Watch, accusa Israele di “crimini contro l’umanità e pulizia etnica” sottolineando, dati alla mano, che dal 7 ottobre 2023, a Gaza, circa 1,9 milioni di persone sono state sfollate, su una popolazione di 2,2 milioni.
In un rapporto pubblicato oggi e intitolato “Senza speranza, fame e assedio: lo spostamento forzato dei palestinesi da Gaza da parte di Israele”, viene dimostrato che Israele ha messo in atto una serie di spostamenti forzati della popolazione “generalizzati es sistematici”, il che rappresenta un crimine di guerra in quanto si configurerebbe l’intento di mettere in atto una vera a propria pulizia etnica.