Ho amato la Spagna in tutte le salse, dal primo giorno in cui sono sbarcata, ma le lancette dell’orologio mi si conficcano ancora come spine nelle carni.
A fine settimana torneremo all’ora solare. Abbiamo lo stesso orario con la Spagna, verosimilmente dal 1940, da quando Francisco Franco decise che il suo paese dovesse avere lo stesso orario della Germania, a lui tanto cara, invece che quello del Portogallo, più comprensibile geograficamente. L’ effettiva ora legale, a partire dal 1974, ha prodotto un ulteriore spostamento.
Per me non cambierà nulla, sono perennemente sfasata. In Spagna tutto avviene dopo, un dopo spostato di due ore circa, rispetto all’Italia. E dopo 28 anni ancora non mi abituo, e no che non mi abituo, non mi abituo… agli orari strampalati degli spagnoli!
Sono sempre in anticipo, arrivo prima. Mi aspetto l’alba e ancora c’è notte, mi aspetto notte e ancora c’è luce sfavillante. Certo, con tanto chiarore i cieli sono bellissimi: “da Madrid al cielo” si dice nella metropoli.
Il mio ritmo circadiano è andato in tilt da tempo, nonostante le casse di melatonina sotto il letto.
Ma quanto dormono questi spagnoli? Me lo sono sempre chiesto e proprio l’altro giorno ho sentito al telegiornale che sono tra i meno dormienti d’Europa. In effetti potrebbe essere, anche se le scuole cominciano intorno alle 9 e molti uffici anche, è la vita per le strade che non inizia prima delle 10: tutto lento e deserto. In Italia saremmo già al terzo caffè, con il giornale più che masticato e digerito.
Si pranza intorno alle 15, e io sono molto soddisfatta di non essermi alcolizzata durante le lunghe attese con eterni aperitivi prima del pasto principale. Non si beve il tè delle 17, ma si consuma una sostanziosa merendina alle 19 – quando in Italia i miei stanno per cenare – a base di cioccolata e churros. Subito dopo l’aperitivo e ancora dopo la cena, intorno alle 22. Sono perciò molto soddisfatta anche di non essere ingrassata troppo.
I primi anni facevo una fatica enorme, ricordo ancora il giorno in cui abbiamo invitato a pranzo alcuni nostri amici italiani a casa di mia suocera. Sono arrivati alle 12,45 per educazione, non volevano fare tardi nelle loro intenzioni. E sono rimasti stupefatti e sconcertati quando hanno visto mia suocera che vestita di tutto punto li ha salutati con affetto, ha preso il carrello per la spesa ed è andata al supermercato. Doveva fare ancora la spesa e poi una bella paella!
I miei amici sono rimasti basiti coi fiori in mano e col terrore dipinto nel volto per quella che si prospettava come una lunga attesa e, affinché non gli ululasse lo stomaco per la fame, sono stati ubriacati dallo storico consorte con un aperitivo interminabile.
Ormai sono passati tanti anni e, sebbene non mi sia abituata, ho imparato a fregare gli spagnoli sul tempo, per l’appunto, e a sfruttare l’anticipo. Se voglio pranzare o cenare in ristorante mi presento alle 13,30 o alle 20,30, per essere sicura di trovare posto tra i tavoli ancora apparecchiati per merende, colazioni o aperitivi. Cerco di mantenere così un faticoso equilibrio psicofisico tra i tempi di gestione di una lunghissima giornata, perché anche i film in prima serata iniziano dopo le 22, quando in Sardegna, alla stessa ora, striscio di stanchezza per andarmene a letto.
Un tempo, quando ero più giovane, mi venivano a prendere alle 23 per uscire la notte e se per caso avevo voglia di rientrare presto – verso l’1 o le 2 del mattino!!! -, mi guardavano malissimo, umiliati e offesi nella loro spagnolità perché non volevo divertirmi di locale in locale sino alla colazione successiva. Per non offenderli mi trascinavo di dopo in dopo aspettando l’alba e un “ecce bombo” che non arrivava.
Ora per fortuna non è più tempo di trascinarsi e di transnochar, abbiamo tutti una certa età e posso godermi l’anticipo, il prima, guardando senza invidia mia figlia che esce a mezzanotte per tornare dopo, a colazione.