Dalla Chiesa “servitore Repubblica”, l’Italia ricorda il generale

La foto del generale Carlo Alberto della Chiesa con una frase in suo ricordo.
In ricordo del Generale Carlo Alberto Della Chiesa.

MADRID. – Per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella fu “un esemplare servitore della Repubblica”, per la premier Giorgia Meloni “un esempio e una guida”. Ma in tantissimi oggi, nell’anniversario numero 42 dell’attentato gli costò la vita, ricordano la figura del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, figura indelebile nella storia italiana, un uomo che ha dedicato la sua vita al servizio dello Stato e alla lotta contro la criminalità organizzata. 

Nato a Saluzzo, in Piemonte, il 27 settembre 1920, dalla Chiesa è entrato nell’Arma dei Carabinieri nel 1942, intraprendendo una carriera che lo avrebbe visto diventare uno dei più importanti simboli della lotta contro la mafia in Italia. 

Dalla Chiesa era e rimarrà per sempre noto per l’impegno nella lotta al terrorismo durante gli anni di piombo, contribuendo significativamente alla disarticolazione delle Brigate Rosse e alla liberazione di alcuni degli ostaggi più importanti. 

La sua fama e il suo rigore operativo lo portarono, nel 1982, a essere nominato Prefetto di Palermo dal Governo Italiano, con il mandato di combattere la mafia siciliana che aveva raggiunto livelli di violenza e potere senza precedenti. Arrivato in Sicilia, il generale dalla Chiesa si trovò di fronte a un compito titanico. Palermo era un campo di battaglia, dominato dalla “cupola” di Cosa Nostra. 

Dalla Chiesa si mise immediatamente al lavoro, cercando di trasferire le tattiche e la disciplina utilizzate nella lotta al terrorismo per affrontare la mafia. Tuttavia, la sua missione non fu sostenuta adeguatamente dalle istituzioni: a causa della mancanza di risorse e di un quadro legislativo adeguato, la sua lotta alla mafia si rivelò un’impresa quasi impossibile. 

Il 3 settembre 1982, dopo soli 100 giorni dal suo arrivo a Palermo, Carlo Alberto dalla Chiesa venne assassinato in un agguato mafioso in via Carini, insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo. La Fiat 132 su cui viaggiavano fu crivellata di colpi. 

Questo brutale omicidio scosse profondamente l’Italia, suscitando indignazione e un’ondata di protesta pubblica contro la mafia e l’inefficienza dello Stato nel proteggerlo. Un vile attentato che, spiega oggi Mattarella “non riuscì, tuttavia, ad attenuare l’impegno per quei valori di legalità e giustizia propri alla nostra democrazia, per la cui affermazione, nei diversi ruoli ricoperti nell’Arma dei Carabinieri e da ultimo come Prefetto di Palermo, il Generale Dalla Chiesa aveva combattuto. 

A distanza di anni, la memoria di quanti, come lui, si sono opposti al terrorismo e alla prepotenza mafiosa, continua a interpellare coloro che rivestono pubbliche responsabilità, la società civile, le giovani generazioni, ciascun cittadino”. 

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