MADRID. – “Dal punto di vista giudiziario non abbiamo un movente tecnicamente valido”. A dirlo oggi in conferenza stampa è la procuratrice Sabrina Ditaranto, a capo come facente funzione della Procura per i minorenni di Milano, riferendosi al diciassettenne che ieri ha confessato di aver ucciso i genitori e il fratellino di 12 anni nella loro villetta a Paderno Dugnano, nel milanese.
L’omicidio di Fabio Chiaroni, della moglie Daniela Albano e del figlio di 12 anni è avvenuto nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre, al termine dei festeggiamenti per il 51° compleanno dell’imprenditore lombardo, e a dare l’allarme era stato proprio il ragazzo, inizialmente dichiarando di essere stato svegliato nella notte dalle urla della madre e del fratellino, a suo dire aggrediti dal padre.
All’inizio dell’interrogatorio, però, come precisato dalla procuratrice, è arrivata la confessione: “Il ragazzo era molto provato dall’attesa e abbiamo avuto la netta sensazione che cominciasse a rendersi conto e a riemergere alla realtà, a rendersi conto della gravità di quanto commesso. Appena gli abbiamo chiesto di fornire la sua versione dei fatti, alla presenza del difensore, ha ritrattato la versione che aveva fornito professandosi autore dei tre omicidi”, ha chiarito Sabrina Ditaranto.
“Dal punto di vista sociologico e psicologico ovviamente sono aperte le indagini. Anche il diciassettenne non si dà una spiegazione”, ha proseguito la procuratrice aggiungendo che il ragazzo ha parlato di “un malessere suo, non collegato alla famiglia” e di “un pensiero che aveva da qualche giorno”, quindi “non collegato a un impeto”. Al minorenne viene ora contestato l’omicidio aggravato dalla premeditazione, dall’aver ucciso una vittima minore, dai legami famigliari e dall’avere agito mentre le vittime dormivano.
“La fantasia di sopprimere i genitori, vissuti come un ostacolo per la propria libertà, è un pensiero che si annida, a volte, nella mente degli adolescenti”. È il commento, affidato a un’intervista a Repubblica, dello psichiatra Massimo Ammaniti, che però sottolinea come il tema “ricorrente, simbolico” resti a livello di fantasia “e poi scompare, crescendo”.
Sono invece rari i casi “nei quali con ferocia inaudita degli adolescenti scelgono di dare corpo a questo pensiero. Il risultato è la strage che abbiamo sotto gli occhi”, prosegue lo psichiatra citando anche la vicenda simile di Erika e Omar. L’esperto sottolinea anche “una assuefazione alla ferocia, amplificata dai social che hanno fatto cadere la barriera tra vita reale e vita immaginata”.