Dal 28 maggio di quest’anno fino al 23 febbraio 2025 il Museo del Prado ha dedicato un’intera sala all’esposizione speciale di una singola opera. Si tratta di Ecce Homo di Caravaggio, dipinto intorno al 1605-09 e appartenente alla collezione privata di Filippo IV di Spagna.
Il Museo del Prado ha informato il Ministero della Cultura spagnolo dell’importanza del dipinto dopo la sua ricomparsa nell’aprile 2021 alla casa d’aste Ansorena. Qui venne attribuito alla cerchia di allievi di José de Ribera, a sua volta allievo di Caravaggio. L’opera si trovava sotto la tutela della galleria d’arte Colnaghi, in collaborazione con Filippo Benappi e Andrea Lullo e fu restaurata da Andrea Cipriani e dal suo team sotto la supervisione di esperti della Comunità di Madrid. I risultati di questa delicata operazione sono documentati in una pubblicazione rilasciata in seguito alla presentazione del dipinto nel museo.
L’opera, in origine, venne consegnata ad Ansorena da tre fratelli spagnoli dopo averla ricevuta in eredità. L’opera, nel tempo, fu tramandata attraverso diverse generazioni della stessa famiglia. In primo luogo, nel 1823, un loro avo aveva attribuito quest’opera ad Alonso Cano, e venne esposta all’Accademia di San Fernando di Madrid.
Ecce Homo costituisce una delle più grandi scoperte della storia dell’arte, prendendo in considerazione anche lo storico consenso senza precedenti sulla sua autenticazione. Dopo un lungo lavoro di ricerca da parte di Claudio Falcucci, ingegnere nucleare specializzato nell’applicazione di tecniche scientifiche allo studio e alla conservazione dei beni culturali, è stato effettuato un importante intervento di restauro e una valutazione dei materiali dell’opera e della storia conservativa del dipinto, che ha ribadito l’iniziale attribuzione al maestro italiano.
L’opera prende il titolo dalla frase pronunciata da Ponzio Pilato, allora governatore romano della Giudea, mostrando Gesù alla folla dopo la flagellazione. Secondo i racconti del Vangelo, Ponzio Pilato aveva giudicato innocente il prigioniero. Tuttavia, il popolo la pensava diversamente. Per accontentare le folle il Governatore decise così di far flagellare Gesù, mostrandolo poi con le diverse piaghe e ferite pensando di placare l’ira del popolo. L’opera mostra proprio questo frangente, con la frase introduttiva di “ecco l’uomo”. Furono i sommi sacerdoti, infine, a volerlo punire ulteriormente con la crocifissione, pensando che la punizione già inflitta non fosse sufficiente. La frase “Ecce Homo” fa riferimento anche alla Passione di Cristo, in riferimento alla grande sofferenza inflitta. “Ecco l’uomo” sarebbe quindi da ricondurre alle gravi condizioni di Gesù, che fu metaforicamente “ridotto a uomo”.
La composizione vede ovviamente Gesù come soggetto principale. Egli è posto al centro del quadro ed è evidenziato da un grande bagliore di luce derivante dal lato sinistro che getta forti ombre su tutti coloro che gli stanno intorno e che lo stanno trasportando davanti alla folla per mostrare gli effetti della punizione inflitta. Egli, come si può immaginare, ci appare stanco e sofferente, sconfitto di fronte alla crudeltà inflitta e alla foga con la quale gli uomini accanto lo stanno scortando.
di Giorgio Solimine