Tutti i sondaggi, meno quelli commissionati dal Governo, assicurano un trionfo contundente della “Plataforma Unitaria”; trionfo difficile da nascondere e ancor più da non riconoscere. Ma il dubbio, se i risultati avversi saranno accettati dal Governo, resta
Alle porte di una nuova primavera o sull’orlo del precipizio. Domenica i venezuelani, tutti noi, avremo la possibilità di scegliere il nostro futuro: scommettere su una democrazia imperfetta ma perfettibile o su un sistema autocratico, pseudo-democratico e populista, che ha regalato al Paese 6 milioni di emigranti, una popolazione per oltre il 90 per cento al limite della povertà estrema, un’intera generazione condannata all’ignoranza essendole stato negato l’accesso ad un sistema educativo pubblico di qualità, principale motore di ascensore sociale, un tessuto industriale distrutto e una economia da due decenni sommersa in una profonda crisi.
Tutti i sondaggi, meno quelli commissionati dal Governo, assicurano un trionfo contundente della “Plataforma Unitaria”; trionfo difficile da nascondere e ancor più da non riconoscere. Ma il dubbio, se i risultati avversi saranno accettati dal Governo, resta. D’altronde il presidente Maduro ha già annunciato che un successo elettorale dell’Opposizione si tradurrebbe in un bagno di sangue.
Il cammino verso la democrazia, la giustizia sociale, i diritti politici, il rispetto del dissenso e una migliore qualità di vita non è mai stato facile. Diritti e libertà non vengono mai regalati, si conquistano. Edmundo Gonzalez Urrutia e Maria Corina Machado lo sanno. E lo sa chi, con intelligenza politica, ha aderito alla “Plataforma Unitaria”, archiviando le differenze che allontanano e privilegiando le similitudini che avvicinano. Così facendo hanno riacceso la speranza in una popolazione che appariva ormai rassegnata.
Con un trionfo dell’Opposizione, qualora i sondaggi fossero rispettati e i risultati riconosciuti dal Governo, si aprirebbe una fase estremamente delicata. Nella peggiore delle ipotesi, un lungo periodo di instabilità politica provocata e alimentata dal governo uscente. Infatti, fino a gennaio il Paese avrebbe un “governo eletto”, e a tutti gli effetti senza alcun potere, ed un “Esecutivo interino”, che continuerebbe a governare come ha fatto fino ad oggi. Non sarebbero da escludere colpi di scena. Ma anche dopo l’insediamento del nuovo Esecutivo, la governabilità del Paese sarebbe difficile. Infatti, almeno fino a gennaio del 2026, il Parlamento resterà in mano della maggioranza “chavista” che, com’è facilmente intuibile, boccerà qualunque progetto di Legge del Governo e intralcerà qualunque iniziativa legislativa.
Il nuovo Esecutivo, quindi, dovrà promuovere una transizione negoziata che permetta un atterraggio morbido verso un sistema di governo più giusto, in cui l’alternabilità sia la consuetudine e non l’eccezione. Soprattutto dovrà avere la forza di non cedere alle richieste dei settori radicali, dentro e fuori del Paese, che covano rancori e reclameranno in molti casi “vendetta”.
Quanto accaduto in Spagna, negli anni ’70, o in Cile, negli anni ’80, dovrebbe indurre a meditazione. Ed insegnare che a volte, in politica, per avanzare bisogna saper accettare necessarie rinunce. Le elezioni di domenica, quindi, rappresentano solo un primo timido passo lungo un sentiero irto di difficoltà che solo potranno essere superate con intelligenza, pazienza, tolleranza ed una buona dose di pragmatismo. Doti queste che caratterizzano i migliori statisti, soprattutto se provenienti dal mondo della diplomazia.
María Corina Machado ha già dimostrato che quelle doti non le mancano così come non mancano a Edmundo González Urrutia.
Mauro Bafile