Console Generale Caldararo: “Da Cancelleria a Consolato Generale, una transizione che richiede tempo”


Il Console Generale, con esperienza in Argentina e Ottawa, si ripropone portare avanti la riorganizzazione della struttura, passaggio complesso e delicato, senza intaccare l’erogazione dei servizi


MADRID – La comunità italiana residente a Madrid ha finalmente di nuovo un consolato Generale. Non è un caso. È il riconoscimento di una sua sempre più numerosa presenza in ogni ambito del Paese ed anche, come più volte è stato ricordato dall’Ambasciatore Giuseppe Buccino e poi riconfermato dal primo “Barometro” sugli investimenti italiani nel Paese pubblicato dalla “Camera di Commercio Italiana per la Spagna, il riflesso dell’ottima salute delle relazioni tra due nazioni che si affacciano sul bacino del Mediterraneo e condividono interessi comuni.

A gestire la complessa transizione da Cancelleria Consolare a Consolato Generale è stato chiamato Spartaco Caldararo. La sua non sarà una missione facile. L’economia spagnola in espansione, la sensazione di benessere, le conquiste sociali esercitano sui giovani in cerca di opportunità un fascino particolare. È l’“effetto chiamata” al quale è difficile resistere. È per questo che, a colloquio con il Console Generale Caldararo, abbiamo chiesto:

– Immagino che trasformare una Cancelleria Consolare a Consolato Generale è un passo che richiede una rivoluzione interna dell’intera struttura.  Qual è la sua visione del Consolato Generale a futuro?

– C’è una fase di transizione amministrativa che richiederà tempo – ha ammesso -. Stiamo lavorando per fare in modo che ciò accada nella maniera più veloce. E senza incidere ovviamente sull’erogazione dei servizi. Si tratta di un aspetto gestionale e amministrativo che non è affatto semplice, perché, come  giustamente ricordava anche lei, il passaggio da una Cancelleria Consolare a Consolato generale richiede una complessiva riorganizzazione della struttura.

Ha spiegato che il Consolato Generale, “avendo una propria autonomia, acquisisce anchemaggiore proiezione ”. È un aspetto, ha commentato, che sicuramente occuperà una parte importante delle prime settimane.

– Mi sto guardando attorno per capire effettivamente il funzionamento e su quali settori concentrare di più l’azione – ha proseguito -. Posso dire, ma in verità lo sapevo già perché ho acquisito elementi prima di partire, di avere trovato una struttura costituita da professionisti, da gente molto seria e motivata. C’è un’ottima base di partenza. Se dovessi dire fin d’ora quale sarà il settore su cui concentrare gli sforzi, per quanto possa sembrare banale, direi che è l’erogazione dei servizi ai connazionali. La Comunità sta crescendo molto e le aspettative sono alte.

– Le comunità crescono ma l’organico nei Consolati resta inalterato. È facile quindi che si possano creare colli di bottiglia che fuori dalle mura del Consolato si fa fatica a capire. La trasformazione da Cancelleria Consolare a Consolato Generale comporta anche un incremento del  personale?

– Negli ultimi quattro anni trascorsi al Ministero mi sono occupato di risorse umane. È un argomento che conosco e e conosco molto bene gli sforzi dell’Amministrazione su tale fronte. Posso affermare che negli ultimi anni la situazione è cambiata. E’ stato avviato un concreto percorso assunzionale, basti pensare che solo nel corso del 2023 hanno fatto il loro ingresso al Ministero diverse centinaia di unità. L’obiettivo, trattandosi appunto di un Ministero degli Esteri, è che tali unità vadano a rinfoltire la rete diplomatico-consolare. Prima, però, è necessario un periodo di formazione, di preparazione. Soprattutto quando si parla di consolati. Posso quindi sostenere che è in corso una inversione di tendenza. Capisco che all’esterno si possano creare situazioni di disagio se un servizio non viene erogato immediatamente, ma da questo osservatorio, vedo gente che lavora e che lavora tanto. Per ricollegarmi alla sua domanda, l’auspicio è che questa struttura si rafforzi, ma, ma di fatto ciò già sta avvenendo. Avere un Consolato Generale implica non solo avere un Console Generale ma anche avere un Console, che arriverà presto, oltre a una struttura amministrativa e contabile autonoma. Si tratta di risorse che prima non c’erano.

– Qual è stata la sua reazione nel sapere che sarebbe venuto a Madrid per gestire la transizione da Cancelleria a Consolato.

– Grande orgoglio e un senso di profonda soddisfazione professionale – ha assicurato -. Madrid è una capitale importante. La Spagna, per noi, è un paese molto importante. Rappresenta un onore, ma anche una grossa responsabilità, riaprire un Consolato Generale, con tutto quello che ciò comporta quindi anche in termini di oneri.

Consolato e Comunità

E la proiezione dell’immagine del Consolato Generale in seno alla nostra Comunità? La collettività italiana in Spagna, a differenza di quelle oltreoceano e di quelle del nord Europa,  è assai recente. Per questo, non ha ancora veri punti di riferimento. Ci sono il Comites, i consiglieri del CGIE, c’è il nostro giornale, c’è la Camera di Commercio Italiana per la Spagna, ed anche un’ottima Scuola Statale ma, nonostante ciò, i connazionali tendono a mimetizzarsi. Potremmo dire che la nostra comunità in Spagna è molto liquida, integrata, difficile da individuare. La domanda sorge spontanea:

– Quali iniziative intende intraprendere per far conoscere il lavoro che svolgete?

– La riapertura del Consolato Generale è anche un esercizio per dare una nuova identità alla struttura – ha assicurato -. È mia intenzione utilizzare tutti gli strumenti a disposizione: il rapporto col Comites, la rete consolare onoraria che intendo visitare in maniera capillare, la comunicazione istituzionale e anche la stampa di collettività. Nelle mie precedenti esperienze, quest’ultima è risultata essere uno strumento molto utile. È stata molto collaborativa e costruttiva nella diffusione delle informazioni  dei servizi.

Ha affermato che si ripropone dare ai Consolati onorari la giusta importanza “per far vedere ai connazionali che non esiste solo Madrid”. Ha anche sostenuto che la rete consolare “copre una parte molto importante del territorio spagnolo”.

La Plata e Ottawa

La conversazione si svolge in una delle sale a pianterreno del Palazzo che, prima di essere acquistato dal Governo italiano nel 1940, fu residenza del Conte di Santa Coloma,  Enrique de Queralt y Fernández Maquieira. Le parole si stemperano nell’immensa sala che, anche se spoglia di mobili o forse proprio per questo, appare accogliente.

– Lei è stato a La Plata,  in Argentina, e per ben due volte a Ottawa, in Canada. Conosce, quindi, la realtà della nostra emigrazione oltreoceano. Che opinione si è fatta? Oggi si parla di terza e anche di quarta generazione…

– Sono delle fattispecie diverse. Sono stato in Argentina dal 2010 al 2013, a La Plata. Si tratta di  un consolato di antica immigrazione; un’immigrazione legata a fenomeni che hanno avuto luogo a partire dalla fine del 1800 e i primi del ‘900. Molti connazionali provenivano dal nord Italia… liguri, veneti…; e molti altri dal meridione… calabresi, siciliani. Parliamo quindi di terza e di quarta generazione, di un’emigrazione storicamente consolidata. Ma, nonostante ciò, legata al proprio paese d’origine con un fenomeno di associazionismo identitario molto forte. C’è una ricerca delle proprie origini e della propria identità italiana nonostante la distanza rispetto a tali origini, sia temporale sia fisica.

Ha confessato che in  Canada si è occupato “un po’ di meno di emigrazione”. Pur senza trascurare il coordinamento consolare, la sua funzione è stata di vicario dell’ambasciatore.

– In Canada sono stato due volte. In occasione del mio primo incarico all’estero, dal 2006 al 2010, quale Capo dell’Ufficio economico commerciale, e dal 2017 al 2020. Probabilmente troverà sul mio curriculum che all’epoca ero Primo Consigliere per gli Affari Sociali. In realtà facevo anche altro, tra cui appunto il vicario del Capo Missione e quindi il responsabile per il coordinamento dell’intera struttura Comunque, le confermo che anche a Ottawa ho avuto modo di occuparmi pure del coordinamento consolare. Anche lì c’è un’immigrazione molto forte, molto presente. E anche un po’ più recente. La parte numericamente più sostanziosa dell’immigrazione italiana in Canada si concentra tendenzialmente tra gli anni ‘50 e ’70. A ciò si aggiunge anche il fenomeno di una nuova mobilità giovanile, non molto diverso da quello che accade anche qui in Spagna. Molti giovani si sono trasferiti e si trasferiscono in Canada per le opportunità che offre il paese. Parlo di professionisti, di studiosi, di ricercatori, di scienziati. Si registra un fenomeno di nuova emigrazione che ho visto in parte anche in Argentina, sebbene con proporzioni sono diverse.

Ha spiegato che la nuova immigrazione in Argentina è molto inferiore a quella in Canada. E poi si concentra essenzialmente nella capitale, Buenos Aires.

– La realtà economica dell’Argentina è assai diversa. La crisi economica non attrae.

– Sì, sono due realtà molto diverse. Lo sono anche dal punto di vista temporale. L’emigrazione in Argentina è molto più antica, rispetto a quella del Canada. E poi le normative locali hanno inciso sul tema della cittadinanza. Abbiamo molti più cittadini italiani in Argentina perché per radicarsi in linea di principio non si chiedeva il possesso della cittadinanza. In Canada è diverso. Per radicarsi, per lavorare, gli italiani dovevano acquisire la cittadinanza canadese e, di conseguenza, prima della legge del 1992, perdere quella italiana.

I legami con le origini

La presenza di una terza ed anche una quarta generazione nell’estremo sud del Sudamerica ci obbliga inevitabilmente ad una domanda: quali legami hanno questi giovani con l’Italia, con la loro terra d’origine?

– Nonostante il distacco temporale, perché tre, quattro generazioni sono molte, c’è tanta voglia di scoprire le proprie origini. C’è un forte senso di orgoglio e di appartenenza. Ho avuto la fortuna di operare a La Plata con un Comites e un associazionismo molto attivi. Avevano tutti un approccio molto costruttivo e molto aperto sia rispetto al Consolato, sia rispetto al concetto di italianità e, più in generale, all’associazionismo.

– L’Associazionismo, in  Argentina, ha una lunga tradizione… Quella italiana è sempre stata una comunità molto attiva. 

– Anche in Canada il fenomeno dell’associazionismo è molto presente e ben consolidato sull’intero territorio.

– Quali erano i servizi più richiesti dalla Comunità in Argentina e quelli più richiesti dai connazionali in Canada.

– A La Plata, la cittadinanza. All’epoca, 14 anni fa, sicuramente la cittadinanza. Adesso, onestamente, non saprei dirle se la pressione sia la stessa. Ma all’epoca il servizio più richiesto era senz’altro quello delle ricostruzioni di cittadinanza.

– E a Ottawa? 

– Sicuramente la pressione era minore sul fronte della cittadinanza e c’era una maggiore richiesta di erogazione di servizi. Non che in Argentina non ci fosse. Avendo all’epoca La Plata circa 100mila connazionali, oltre ai passaporti si erogavano anche altri servizi… in particolare molta assistenza sanitaria ai connazionali indigenti..

Entrato al Ministero 22 anni fa. Caldararo, laureato in giurisprudenza all’Università di Catania e in Relazioni Internazionali all’Università di Bologna, è abilitato all’esercizio della professione legale e si è occupato inizialmente di Cooperazione Economica e Finanziaria Multilaterale. Nel 2006 si è trasferito a Ottawa con funzione di Consigliere Commerciale. Dal 2010 al 2013 è stato Console Generale a La Plata. Tornato a Roma, dal 2013 al 2017 è stato Capo della Segreteria della Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo e nel 2017 è tornato in Canada col ruolo di vicario dell’Ambasciatore. Tra le tante responsabilità, ha assunto anche il ruolo di Coordinatore Consolare. Nel 2020 è rientrato a Roma. Prima dell’incarico a Madrid, si è occupato di personale e di risorse umane, prima nella Segreteria della Direzione Generale, e poi come Capo dell’ufficio che dispone dei movimenti di tutto il personale, sia all’interno del Ministero che verso la rete estera.

– È a Madrid da pochi giorni, ha avuto qualche contatto con la nostra comunità?

 – Ho avuto un incontro informale con il presidente del Comites, con cui si è instaurato rapidamente un rapporto di reciproca stima e di collaborazione. Ho chiesto di poterci rivedere al più presto, anche con il resto dei membri del Comites e delle varie commissioni.

Ha concluso sottolineando che il Consolato Generale “è qui per fornire assistenza e servizi” ai tanti connazionali residenti nel paese ma anche ai milioni di connazionali che visitano la Spagna per turismo e altri motivi. D’altronde la Spagna, non solo nel periodo estivo, attrae tanti turisti del Belpaese. Madrid, in particolare, è polo di attrazione per i giovani sedotti dalla “movida”, dalla vita allegra e trasgressiva, e dalle tante occasioni di divertimento.

Redazione Madrid

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