Gaza, 30mila in fuga ogni giorno da Rafah

Il primo ministro d'Israele Benyamin Netanyahu.
Il primo ministro d'Israele Benyamin Netanyahu. (ANSA)

MADRID. – Su una possibile offensiva di terra israeliana a Rafah si allarga il solco tra i due alleati storici Stati Uniti e Israele. Ieri, il premier dello Stato ebraico, Benyamin Netanyahu, ha ribadito che Israele combatterà anche “da solo”, rispondendo agli avvertimenti americani del giorno precedente relative alla sospensione delle consegne di armi nel caso di un attacco massiccio nel quadrante meridionale della Striscia, dove sono ammassati circa un milione e mezzo di profughi. 

“Se dobbiamo restare soli, resteremo soli. L’ho già detto, se necessario lotteremo con le unghie”, ha dichiarato il primo ministro in un post su X. Intanto, sempre su X, questa mattina l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) ha affermato che circa 110mila abitanti di Gaza sarebbero ormai fuggiti da Rafah, proprio nel timore di un imminente attacco di terra. 

“Mentre i bombardamenti delle forze israeliane si intensificano a Rafah, gli sfollamenti forzati continuano”, si legge nel post, dove si aggiunge che “nessun posto è sicuro nella Striscia di Gaza e le condizioni di vita sono atroci. L’unica speranza è un cessate il fuoco immediato”. 

“Ogni giorno circa 30mila persone fuggono dalla città di Rafah”, ha riferito il capo dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) per Gaza, Georgios Petropoulos il quale ha precisato inoltre che “la maggior parte di queste persone ha già dovuto spostarsi 5 o 6 volte” dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas.

Da parte sua, proprio ieri il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha riaffermato l’opposizione di Washington, oltre che all’attacco a Rafah, anche “a qualsiasi movimento forzato di palestinesi a Gaza”. Blinken lo ha affermato in un confronto con la leadership egiziana, impegnata assieme a quella del Qatar a mediare un accordo tra Israele e Hamas. 

Al momento, però, nonostante l’invito del Cairo a entrambe le parti affinché mostrino “flessibilità” per raggiungere “il più rapidamente possibile” una tregua a Gaza, associata al rilascio degli ostaggi, la situazione nell’enclave appare pericolosamente bloccata, tanto che l’Onu ha ribadito che gli aiuti umanitari sarebbero tuttora “completamente paralizzati” in quanto la chiusura da parte di Israele dei principali valichi di frontiera avrebbe tagliato le principali porte d’ingresso agli aiuti, in particolare al carburante, e avrebbe reso le operazioni umanitarie “praticamente impossibili”.

Intanto, però, proprio l’UNRWA si è vista costretta a chiudere il proprio quartier generale a Gerusalemme Est dopo che alcuni residenti israeliani locali hanno dato fuoco ad alcune strutture del vasto complesso dell’agenzia. 

“Si tratta di un evento scandaloso – ha denunciato il direttore dell’UNRWA Philippe Lazzarini –. Ancora una volta, la vita del personale delle Nazioni Unite è in grave pericolo. È responsabilità dello Stato di Israele in quanto potenza occupante garantire che il personale e le strutture delle Nazioni Unite siano protetti in ogni momento”, ha aggiunto. Il quartier generale, dunque, resterà chiuso “fino a quando la sicurezza non sarà ristabilita”. 

“Gli israeliani hanno appiccato il fuoco per due volte al perimetro esterno della struttura mentre il personale dell’UNRWA e di altre agenzie delle Nazioni Unite erano presenti all’interno”, ha detto ancora Lazzarini.

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