MADRID. – Un nuovo studio condotto dall’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Isac), in collaborazione con diverse università italiane, lancia l’allarme sulla pericolosità delle nanoparticelle di origine urbana per la salute polmonare. La ricerca, pubblicata su Scientific Reports (Nature), evidenzia come l’esposizione a nanoparticelle possa generare risposte pro-ossidative e infiammatorie, anche quando il livello di particolato fine (PM2.5) è relativamente basso.
La metodologia utilizzata nello studio, sviluppata per la prima volta nel 2017, si basa sull’esposizione diretta di cellule bronchiali umane in ambienti dove è possibile caratterizzare in tempo reale il PM2.5. La ricerca si è focalizzata sulla Pianura Padana, un’area notoriamente colpita dall’inquinamento atmosferico. “I risultati indicano che a concentrazioni molto basse di PM2.5, le risposte pro-ossidative e infiammatorie possono comunque essere elevate se accompagnate da alte concentrazioni di nanoparticelle e composti tossici,” spiega Francesca Costabile, ricercatrice del Cnr-Isac.
Il meccanismo descritto nello studio evidenzia come le nanoparticelle possano fungere da “cavallo di Troia” per sostanze tossiche. In condizioni normali, le particelle più grandi tendono ad attirare su di sé le molecole tossiche, riducendo la probabilità che queste penetrino profondamente nei polmoni. Tuttavia, quando le particelle grandi sono poche, le sostanze tossiche possono concentrarsi sulle nanoparticelle, le quali, grazie alla loro ridotta dimensione, hanno una maggiore capacità di penetrazione nei polmoni e nel circolo sanguigno.
Le situazioni più rischiose si verificano in inverno, durante le ore di punta del traffico urbano, specialmente dopo forti piogge che riducono temporaneamente la concentrazione di particelle più grandi nell’aria. In queste condizioni, le nanoparticelle generate dai veicoli possono arricchirsi di sostanze tossiche che, altrimenti, si sarebbero depositate su particelle più grosse.
Alla luce di questi risultati, lo studio raccomanda di rivedere le linee guida sulla qualità dell’aria, superando la semplice misurazione delle concentrazioni di PM2.5 e concentrandosi anche sulla distribuzione delle nanoparticelle e dei composti tossici. “È fondamentale considerare il potenziale ossidativo e tossico del PM2.5 in relazione alla distribuzione fra nanoparticelle e particelle di dimensioni maggiori,” conclude Costabile.
Questo studio si aggiunge a una crescente mole di ricerche che sottolineano la necessità di adottare nuovi parametri per valutare l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana.