MADRID.- “I senza nome”, è questo il titolo dell’evento organizzato a Madrid da Residui Teatro, fondato prima in Italia e poi in Spagna da Viviana Bovino e Gregorio Amicuzi, e dalla Fondazione Barba-Varley. Si riferisce a tutti coloro che si dedicano a portare il teatro nei luoghi in cui normalmente non arriva, nei piccoli centri urbani e rurali, nelle carceri, nei rioni di periferia. Attori e registi itineranti che condividono spazi ed esperienze.
È il “Terzo Teatro” termine forgiato negli anni ’70 dal Maestro Eugenio Barba.
E proprio Eugenio Barba insieme ad un’altra grande attrice e direttrice Julia Varley è venuto a Madrid per partecipare a cinque giorni di intenso lavoro, cinque giorni in cui attori e direttori di vari paesi europei si sono riuniti per analizzare il proprio vissuto, per condividere metodologie, per scambiarsi idee e consolidare amicizie, quelle vere, quelle che affondano le proprie radici in ideali comuni.
L’iniziativa sostenuta anche dall’Università Complutense, sede di molti eventi, si è svolta anche in altri luoghi: il Centro Cultural Pilar Miro; lo Studio Hernán Gené; il Círculo de Bellas Artes, l’Ateneo La Maliciosa, Replika Teatro e il Centro de Artes La Praga.
Ha aperto i lavori una straordinaria Julia Varley che ha dettato una Master Class dal titolo “L’eco del silenzio”. È stata poi la volta di Eugenio Barba al quale è stato offerto un riconoscimento pubblico durante il quale Gregorio Amicuzzi ha parlato dell’iniziativa “I senza nome”. Ha sottolineato il desiderio di incentivare il lavoro e la riflessione congiunta delle entità che costituiscono le sedi itineranti della Fondazione Barba-Varley e che condividono una stessa visione di lavoro basata sulle linee segnate dal “Terzo Teatro”. Un teatro che conferisce priorità alle relazioni sia all’interno di uno stesso gruppo, sia con altre compagnie, sia e soprattutto con le comunità. È il teatro concepito come ponte tra culture diverse, un teatro che denuncia, che coinvolge il pubblico perché parla con e per le persone, dando voce a chi non ce l’ha e mettendo in luce problematiche, storie, vite, che resterebbero altrimenti sommerse nel silenzio dell’anonimato.
A continuazione Julia Varley ha parlato della Fondazione Barba-Varley, della sua storia e del proposito di offrire un supporto economico ai gruppi di teatro meno conosciuti, meno famosi ma estremamente importanti nel tessuto sociale e anche e soprattutto alle donne che fanno teatro e restano troppo spesso invisibili.
Carlos Gil editore dell’edizione spagnola del libro di Eugenio Barba e Nicola Savarese “I cinque continenti del teatro”, ha presentato il libro insieme a Barba. È un libro che contiene 1400 fotografie e testi brevi. Narra la storia del teatro vista e raccontata con gli occhi di un attore che non conosce metodologie o teorie ma sente unicamente una grande passione per il teatro. Un libro che, ha detto Eugenio Barba durante la presentazione, è frutto di molti anni di lavoro, di analisi, di critiche, di domande a sé stessi, di riflessioni sulla propria esperienza, ma che lungi dal voler essere un trattato pesante, ha cercato di mantenere una certa leggerezza e quindi di offrire una facile lettura.
Nei giorni seguenti gli incontri hanno coinvolto tutti gli invitati che insieme e in grande armonia hanno cercato di rispondere a domande tipo: “Come si sono adattate le arti sceniche al nuovo contesto sociale?, qual è il loro ruolo nella creazione di un’Europa inclusiva e interculturale?, come generare un impatto maggiore nella società e nella sua coscienza collettiva? e a molte altre.
Per la chiusura dei lavori sono intervenute, la direttrice e attrice Donatella Massimilla e l’attrice e doppiatrice Gilberta Crispino che riprendendo il testimone della grande poetessa Alda Merini hanno ricostruito la sua abitazione in uno spazio che, quando Merini era in vita, era occupato dalla tabaccheria nella quale la scrittrice, grande fumatrice, si recava a comprare le sue sigarette. Alda Merini, una donna che scriveva versi con il rossetto sulle pareti, internata più volte in ospedali psichiatrici e sottoposta a più di 40 elettroshock, è rinata grazie a Massimilla e Crispino con tutta la forza del suo spirito libero, della forza interna che nessuno è riuscito a domare e che ha trovato nella poesia, nella scrittura, il suo spazio inviolabile, indistruttibile.
Dal 1989 Donatella Massimilla e Gilberta Crispino, nel contesto del CETC (Centro Europeo di Teatro e Carcere), realizzano nelle carceri e soprattutto all’interno di quello di San Vittore, molti progetti con detenute e detenuti basati su sceneggiature che partono dai loro vissuti. Alcuni di questi spettacoli sono approdati anche al Piccolo di Milano ove le attrici/detenute arrivavano con la scorta di polizia. Ancora oggi una di loro, ormai libera, recita nei loro spettacoli.
A conclusione dell’intervento, inframmezzato da video, durante il quale Donatella Massimilla ha parlato del lavoro che svolge insieme a Gilberta Crispino, quest’ultima, con una straordinaria performance, ha recitato il monologo “Lo stupro” di Franca Rame.
Un monologo fortemente emotivo che si è fatto eco della violenza che subiscono le donne in ogni angolo del mondo, spesso senza che i colpevoli ne paghino le conseguenze.
È ciò che è accaduto a Franca Rama stuprata e torturata nel marzo del 1973 da cinque uomini appartenenti a gruppi di estrema destra. Il delitto è stato dichiarato prescritto per cui i cinque, nonostante fossero stati identificati, non hanno mai pagato per questo gravissimo delitto.
Mariza Bafile