Gaza, l’appello dei cooperanti: “Basta vendetta, ora cessate il fuoco”

Foto di hosny salah da Pixabay

MADRID.  – “La civiltà è il rifiuto della vendetta”. Il titolo e la sintesi la mette Laura Boldrini, deputata Pd ed ex presidente del Comitato permanente per i diritti umani nel mondo. A mettere le storie di ciò che, ormai da un mese, sta succedendo nella Gaza sotto assedio, a Montecitorio, sono stati direttamente alcuni dei cooperanti italiani che hanno lavorato nella Striscia e si sono trovati, fino a pochi giorni fa, nel mezzo dell’assedio ordinato da Israele all’indomani degli attentati di Hamas.

Da cooperanti a testimoni, in questi giorni tocca a loro raccontare la propria esperienza e denunciare la situazione drammatica che vive la popolazione palestinese sotto i bombardamenti israeliani, che hanno fatto ormai più di 10mila vittime, quasi la metà bambini (contro i 1.400 israeliani uccisi finora). I cooperanti, appartenenti a diverse organizzazioni non governative, hanno espresso il loro dolore, la loro rabbia e la loro frustrazione per il silenzio e la complicità della comunità internazionale di fronte a quello che hanno definito un “genocidio”.

Jacopo Intini, capomissione del CISS Palestina, ha detto di aver vissuto una situazione fortunata rispetto ai palestinesi, godendo delle strutture e dell’organizzazione del suo staff, ma di aver dovuto cambiare cinque volte in un mese la sua posizione a Gaza, tra la guest house a Gaza City, il compound delle Nazioni Unite e altri luoghi. “Non è facile essere usciti a livello professionale e umano, la vivo come una sconfitta”, ha affermato.

Tra i palestinesi cui è stato imposto di evacuare, “non tutti hanno lasciato casa perché molti non hanno un posto dove andare, le scuole ospitano 650mila sfollati in pessime condizioni sanitarie, l’acqua è sporca. In un mese sono stati superati il numero delle vittime in Ucraina dopo 500 giorni. Noi siamo semplicemente fortunati perché abbiamo un passaporto europeo”, ha aggiunto. Amal Khayal, palestinese, responsabile del CISS per la Striscia di Gaza, ha espresso il suo senso di umiliazione e deumanizzazione.

“Ci sentiamo abbandonati, io credo in quello che faccio da 10 anni ma ho il sentimento che questo sia vano. Mia nonna oggi si sente come nel 1948, quando siamo stati dislocati, oggi questi crimini avvengono sotto gli occhi di tutti: morte, mancanza di diritti umani”, ha dichiarato.

Giuditta Brattini, cooperante della Gazzella Onlus, ha raccontato di aver assistito a bombardamenti che hanno interessato aree popolate, non solo le case ma anche i mercati e raccontato una situazione al collasso. “È difficile vedere negli ospedali come i medici riescono a far fronte a certe situazioni, a volte bisogna ricorrere ad amputazioni anche se sarebbero curabili in altro modo ma mancano i medicinali adatti”, ha spiegato.

“Mi sento di fare mie le parole del segretario generale dell’Onu Guterres” che sta fermamente condannando l’assedio di Gaza, “ma anche di parlare del silenzio assordante della comunità internazionale. Le risoluzioni sono carta straccia e quindi Israele ha semaforo verde”.

Riguardo agli attacchi dell’Idf, giustificati con la presunta presenza di terroristi negli ospedali, “bisogna provare che sotto agli ospedali vi siano sotterranei. Io so che prima c’erano gli ospedali e le chiese, non so se poi hanno costruito i tunnel”, ha continuato, avvisando poi: “Non pensiamo che i palestinesi abbandonino la Striscia di Gaza, anche perché i corridoi non sono sicuri, l’altro giorno chi scappava lungo la strada del mare è stato bombardato. Chiediamo un cessate il fuoco e che il valico di Rafah sia aperto incessantemente”, ha concluso.

Luisa Morgantini, presidente di Assopace, ha sottolineato la responsabilità della comunità internazionale che inizia con le colonizzazioni, ed è scritto nelle risoluzioni delle nazioni unite. “Bisogna sospendere gli accordi economici con Israele, bisogna essere capaci di dire basta perché siamo di fronte a un genocidio di fronte a 4200 bambini morti, aprite il valico di Erez” tra Gaza e Israele “perché in Cisgiordania ci sono ospedali capaci di curare i feriti”.

La richiesta, sintetizzata da Giovanni Lattanzi, del comitato esecutivo dell’Associazione delle Ong Italiane, è quella, formulata al governo italiano, “di adoperarsi per un cessate il fuoco e di fare proseguire il lavoro serio delle Ong”.

(Redazione/9colonne)

Lascia un commento