MADRID – Alberto Núñez Feijóo si è presentato alla Camera dei deputati per chiedere la fiducia, dopo aver ricevuto l’incarico dal re Felipe VI. Il leader del conservatore Partito Popolare lo ha fatto cosciente di non avere i numeri. Cioè, di non essere stato capace di tessere, nelle settimane precedenti, le alleanze necessarie per ottenere i 176 voti necessari.
Al centro del dibattito parlamentare la polemica “amnistia”; un provvedimento salito alla ribalta l’indomani del 23J. Contati i voti, Psoe e Partito Popolare si rendevano conto che, senza l’indipendentismo catalano, nessun governo era possibile. E i partiti della Catalogna, coscienti d’avere il coltello dalla parte del manico, coglievano l’occasione per reclamare, a cambio dei loro voti, l’amnistia per i protagonisti del “proces” del 2017 e un plebiscito sulla secessione, che permettesse risolvere l’annosa questione dell’indipendenza della regione.
È stata proprio l’amnistia il primo bersaglio di Núñez Feijóo. Fin dalle prime battute ha messo in chiaro la sua intransigenza in materia; il suo atteggiamento deciso contro l’amnistia, o provvedimenti simili, ai protagonisti del “proces”.
“Vi dico già che – ha affermato Núñez Feijóo – il progetto che sono venuto a presentare non include l’amnistia, l’autodeterminazione o formule equivalenti”. Ha aggiunto che, a suo giudizio, “l’amnistia non è né legalmente né eticamente accettabile” e sottolineato che “fuori dalla Costituzione non c’è democrazia”.
Il leader dei “popolari” ha assicurato di avere “i numeri per essere presidente del Governo” ma di “non essere stato disposto a pagare il prezzo” che gli era stato chiesto. Ha assicurato che Carles Puigdemont, profugo di Junts, “vuole un alleato” e poco gli importa se questo è il Psoe o il Partito Popolare.
“Ci è stata fatta la stessa offerta”, ha detto in riferimento a quanto chiesto da Junts al Partito Popolare e al Psoe. La differenza, a suo giudizio, consiste “nell’integrità dei due possibili candidati”.
Núñez Feijóo ha commentato ai deputati presenti nell’emiciclo che la sua proposta, in sintesi, consiste nell’offrire “al Paese un’alternativa che ripristini l’armonia, l’uguaglianza, l’ambizione collettiva che il Paese ha perso”.
Sempre in riferimento all’amnistia, provvedimento a suo avviso in questo caso censurabile, il candidato dei popolari ha proposto un nuovo reato: quello di “slealtà Costituzionale”. Lo ha giustificato segnalando la necessità di “rafforzare gli strumenti a tutela della dignità dello Stato”. Ha suggerito anche l’incorporazione di quello di “appropriazione indebita di fondi pubblici”.
Il presidente del Partito Popolare, nel corso del suo intervento durato circa un’ora e 50 minuti, ha giustificato la sua presenza al Congresso affermando che, una volta ricevuto l’incarico dal capo dello Stato, era suo dovere. Un gesto ha tenuto a sottolineare, che sarebbe stato apprezzato da Adolfo Suárez, Felipe González, José María Aznar, Mariano Rajoi ed anche da José Luis Rodríguez Zapatero.
Non poteva mancare un ringraziamento ai soci: Vox, Upn e “Coalición Canaria”. Ha assicurato di aver cercato un dialogo costruttivo “con quasi tutte le forze politiche”, anche con quelle “con cui le distanze erano maggiori e i dissidi prevedibili”.
Núñez Feijóo non si è dimenticato della legge del “si è si”, quella sulla libertà sessuale. Ha rimproverato chi ha chiamato “facha” i magistrati colpevoli, ha detto, “di applicare una legge fatta male”. Sempre in materia di amministrazione della Giustizia, si è detto favorevole “al rinnovo del Consiglio della Magistratura, sempre che alla Camera si registri una riforma sulla loro elezione”.
In materia economica, il candidato del Partito Popolare ha messo in discussione l’ottimismo della maggior parte degli organismi internazionali e degli analisti. Ha promesso che manterrà, modificherà e aumenterà molti provvedimenti attuali. In particolare, si è detto favorevole agli aiuti e ai sussidi alle famiglie più vulnerabili. Ha anche proposto la riduzione delle tasse, in generale e la soppressione delle imposte ai piccoli imprenditori ai primi passi.
Dopo l’intervento di Alberto Núñez Feijó, e una pausa in agenda, la presidente della Camera, Francina Armengol, dava il via al dibattito. Come di rigore il primo partito a far uso della parola è stato il secondo più votato il 23J: il Psoe. Contrariamente a quella che è stata la prassi parlamentare fino a ieri, né il Segretario Generale dei socialisti, Pedro Sánchez, né il portavoce alla Camera, Patxi López, erano gli incaricati di intervenir. A prendere la parola era l’ex Sindaco di Valladolid, Oscar Puente. È stato un colpo di scena non gradito dal Partito Popolare; una scelta ritenuta una mancanza di rispetto istituzionale nei confronti del candidato.
Puente ha esordito con un monito: “essere il partito più votato non è vincere le elezioni”. Le vince, ha spiegato, “chi riesce a formare il governo”. Quello dell’ex Sindaco di Valladolid è stato un discorso dai toni duri e secchi, interrotto più volte dal coro di “fuori, fuori” e “vergogna, vergogna” dei deputati del Partito Popolare.
Il parlamentare socialista ha poi ricordato la notte elettorale, quando Núñez Feijóo, e il resto degli esponenti di spicco del partito, si presentarono al balcone di Génova, tutti di bianco; tutti, ha detto, “meno una che uscì in abito rosso”. Il riferimento diretto èe stato alla presidente di Madrid, Isabel Díaz Auyso. Allora, ha proseguito, “lei non ha ascoltato gridare ‘Alberto, Alberto’ ma ‘Ayuso, Ayuso’”.
“Tutti sappiamo che non ha l’appoggio per essere presidente del Governo – ha detto -. Presto non l’avrà per continuare ad essere il presidente del suo partito”.
L’intervento di Puente è proseguito con toni sempre assai duri e, a volte, frasi impregnate di sarcasmo.
Dopo il deputato del Psoe sono intervenuti Santiago Abascal, che ha reiterato il voto favorevole di Vox; Marta Lois, portavoce di Sumar, che ha accusato Núñez Feijóo di voler prolungare il “conflitto nella Catalogna” per “trarne profitto”; Gabriel Rufián, deputato di Erc, e Mirian Nogueras, portavoce di Junts, hanno difeso la necessità di una amnistia ai leader del “proces” per avanzare verso un referendum secessionista.
“Una amnistia per i fatti del 1-O – ha detto Rufián – deve essere la base per un nuovo 1-O”.
A tutti ha risposto Núñez Feijó condannando l’amnistia e difendendo la posizione del suo partito, illustrata ad inizio della giornata.
Redazione Madrid