Morto Matteo Messina Denaro, l’ultimo grande boss di Cosa nostra

Il boss mafioso Matteo Messina Denaro in un fermo immagine dopo l'arresto dai carabinieri del Ros, dopo 30 anni di latitanza, Palermo, 16 gennaio 2023. (Ufficio stampa Carabinieri)

MADRID. – Matteo Messina Denaro, boss mafioso accusato di essere tra i mandanti delle stragi di Capaci del 23 maggio 1992 e di via D’Amelio del 19 luglio 1992, nelle quali persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è morto nella notte: aveva 61 anni.

Era stato arrestato il 16 gennaio scorso dopo trent’anni di fuga dalla giustizia dai carabinieri del Ros a Palermo, mentre stava andando a fare chemioterapia in una clinica privata. È stato stroncato dal tumore che nel 2020 gli aveva fatto cambiare radicalmente i suoi ritmi e la sua latitanza. Il capomafia trapanese è morto nell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, dove era stato ricoverato l’8 agosto per un intervento. Era in coma da venerdì.

Messina Denaro ha chiesto di non celebrare il funerale in chiesa: “Rifiuto ogni celebrazione religiosa perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato” aveva scritto in un pizzino.  Autore di alcune tra le pagine più nere della storia italiana, il boss si trovava nel reparto per detenuti dell’ospedale dell’Aquila.

Pierluigi Biondi, sindaco della città, ha commentato così la notizia della morte: “Ringrazio il personale del carcere Le Costarelle, le nostre forze dell’ordine, il nostro personale sanitario, per non aver mai fatto mancare professione e umanità”. “È il punto su una vicenda che racconta di violenza e sangue, sofferenze ed eroismi. – continua -. L’epilogo di una esistenza vissuta senza rimorsi né pentimenti, un capitolo doloroso della storia recente della nostra Nazione che non possiamo cancellare ma di cui oggi possiamo narrare la fine grazie al lavoro delle donne e degli uomini che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la criminalità mafiosa”.

Anche un altro sindaco interviene oggi, quello di Castelvetrano Enzo Alfano, città dove Messina Denaro e nato e ha vissuto prima di darsi alla latitanza e dove vivono ancora i suoi familiari: “Muore un uomo che ha fatto tanto male alla sua terra. Ci vorranno decenni ancora, prima che culturalmente si ponga fine a una mentalità, a una cultura, talvolta dilagante, di illegalità, di impunità, che lui e i suoi accoliti e altri prima di loro, hanno coltivato per troppo tempo”. 

A luglio la Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta aveva confermato la condanna all’ergastolo per Messina Denaro. Il collegio, presieduto dal giudice Maria Carmela Giannazzo, aveva accolto la richiesta dei procuratori generali Antonino Patti, Fabiola Furnari e Gaetano Bono. Messina Denaro aveva rinunciato a collegarsi dal carcere per ascoltare la decisione della Corte, oltre a non ha mai partecipato in video-collegamento alle udienze.

Il boss era stato catturato a gennaio, trent’anni e un giorno dopo la cattura di Totò Riina, avvenuta il 15 gennaio del 1993. “Rimane l’ultimo stragista appartenente alla commissione che ha ordinato le stragi” aveva detto nell’occasione il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia. Una cattura – quella operata dai carabinieri in stretto accordo con la magistratura – che è arrivata, altra coincidenza significativa, pochi mesi dopo il trentennale delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, celebrato la scorsa estate. 

“Con la morte di Matteo Messina Denaro finisce una vita piena di violenza, trame, misteri. Finisce anche un’era di Cosa nostra, ma non Cosa nostra” dice Pietro Grasso, presidente della Fondazione Scintille di futuro, già procuratore nazionale antimafia che continua: “E’ stata una figura importante nella stagione più feroce della mafia siciliana: ha avuto un ruolo fondamentale in ogni fase delle stragi, dalla decisione all’organizzazione e all’esecuzione materiale, sia al fianco di Riina che dopo il suo arresto, quando si schierò, con Bagarella e Graviano, tra quelli che determinarono di proseguire con le bombe e avviarono l’anno delle stragi ‘in continente’.

Per il ruolo che ha svolto e le decisioni che ha contribuito a prendere di certo era a conoscenza di nomi, dettagli, complicità che avrebbero potuto far chiarezza su una stagione, quella tra gli anni 80 e gli anni 90, su cui ancora abbiamo bisogno di sapere tutta la verità. Nemmeno negli ultimi mesi, pur consapevole di quanto grave fosse la sua condizione clinica, ha voluto dare un minimo ristoro a tutte le sue vittime e ai loro familiari fornendo elementi di verità.

Cosa nostra non è finita con la morte di Riina, né con quella di Provenzano, e non finisce oggi. Cosa nostra cambia, evolve, si trasforma, ma resta il principale ostacolo per una Sicilia e per una Italia libera dal giogo della violenza, del ricatto, della povertà” 

Considerato uno degli stragisti più pericolosi al mondo “Matteo Messina Denaro è morto senza essersi pentito. È stato l’ultimo dei capi della stagione stragista di Cosa nostra. Quella mafia è stata sconfitta e oggi Cosa nostra si sta riorganizzando. È sempre pericolosa come sono pericolose camorra e l’ndrangheta che si stanno consolidando nelle regioni del centro-nord. Per noi la battaglia contro le mafie resta prioritaria. Per il governo no” scrive su Facebook Sandro Ruotolo, componente della segreteria nazionale del Pd.

“L’ultimo grande boss di Cosa Nostra si porta con sé i misteri delle stragi, degli attentati del ’93 e quelli falliti del ’94, quello della gestione di 30 anni di latitanza, rapporti con politici, imprenditori, con le logge massoniche” il commento sui social di Sigfrido Ranucci che assicura che Report tornerà ad occuparsi dell’argomento.  “Il boss è morto, l’Italia continua ad essere un paese a vocazione mafiosa” le parole durissime di Roberto Saviano. 

(Redazione/9colonne)