MADRID – “Reazioni autocratiche”. ‘E questa la definizione data dall’ex premier José María Aznar alle accuse di istigare al “golpe” mossegli da esponenti del governo. Intervistato dalla “Cadena Ser”, Aznar ha affermato che la risposta dell’Esecutivo è propria di una “autocrazia che considera che tutti coloro che sono critici col governo sono antispagnoli, fascisti o golpisti”.
La polemica provocata dalle dichiarazioni dell’ex premier conservatore non pare sia destinata a rientrare. Almeno nei prossimi giorni. Il polverone sollevato da Aznar ha creato irritazione in seno ai partiti di governo e malessere nello stesso Partito Popolare.
Nei giorni scorsi, l’ex presidente di governo aveva invitato gli spagnoli a protestare contro le presunte intenzioni di Pedro Sánchez, che aspira a ripetere un governo di coalizione con Sumar e il sostegno esterno dell’arcipelago di partiti indipendentisti e nazionalisti, di approvare un’ipotetica Legge di Amnistia, como chiesto da Carles Puigdemont a cambio dei voti di Junts, il suo partito
Ripetendo lo slogan “¡Basta ya!”, con cui si diede vita al movimento di protesta contro la violenza provocata dalla banda terrorista Eta, Aznar ha chiesto agli spagnoli di scendere in piazza. E farlo per protestare contro coloro che, chiamati a difendere la Costituzione, sono oggi il loro maggiori detrattori. Rimproverava il governo di alimentare un processo di “autodistruzione costituzionale”.
La ministra Isabel Rodríguez, si faceva interprete dell’indignazione del governo. E accusava Aznar “di comportamento anticostituzionale e golpista”.
Causa-effetto. Il giorno dopo le dichiarazioni di José María Aznar, Cuca Gamarra, numero due del Partito Popolare, annunciava la realizzazione di una “grande manifestazione popolare”. Il “format”, un “meeting politico” in Piazza di Spagna, e la data, domenica 24 settembre, erano rese note più tardi. Fonti di Genova, molto vicine al presidente dei popolari, si affannavano a smentire quello che per tutti era evidente: un Núñez Feijó a rimorchio di Aznar. Ed anche per spiegare che non era una manifestazione contro l’amnistia, in quanto ciò dava l’impressione di un partito già all’opposizione, quindi convinto della bocciatura della candidatura di Núñez Feijóo. Inoltre, come facevano notare a Genova, non era razionale protestare contro un provvedimento non ancora annunciato, semmai in fase di studio e proposto da un profugo della giustizia come moneta di scambio. Sebbene sia vero che Sánchez ha sempre affermato che il problema della Catalogna è politico e solo si risolve attraverso provvedimenti di carattere politico; lo è anche che il capo del Governo ha più volte reiterato che ogni decisione sarà presa senza andare oltre i paletti posti dalla Costituzione.
Mentre dal Governo e dal Psoe si alzano critiche anche assai aspre contro i popolari, a Genova si teme che i simpatizzanti e i militanti possano non essere sufficientemente motivati per assistere al meeting e che, anche se Santiago Abascal ha già assicurato che non assisterà se non è invitato, possano farlo altri volti noti di Vox e, comunque, la militanza dell’estrema destra. Insomma, il Partito Popolare, ora, si muove su un terreno minato che potrebbe scoppiargli in faccia.
Redazione Madrid