Dubbi sul futuro di Feijóo per i malumori nel PP, Sánchez va in pausa strategica

Pedro Sánchez, jefe de Gobierno, y Alberto Nuñez Feijóo, presidente del PP. en una foto de archivo

MADRID – Scelte di campagna sotto processo da una parte, pausa strategica dall’altra. Due giorni dopo l’esito a sorpresa delle elezioni generali spagnole, nei quartieri generali dei due principali partiti gli animi sono senz’altro su poli differenti. Tra le fila dei popolari, è partita una fase di riflessione per capire i motivi di un risultato al di sotto delle aspettative. E c’è chi, almeno lontano dai microfoni, mette in dubbio la bontà delle decisioni del leader Alberto Núñez Feijóo. Sull’altra sponda dello scacchiere politico, invece, i socialisti studiano i prossimi passi dopo aver ottenuto un risultato che potrebbe permettere al loro leader Pedro Sánchez di essere di nuovo eletto premier.

Domenica sera, mentre i dati sullo scrutinio del voto nazionale si aggiornavano sui teleschermi, nella sede madrilena dei popolari spagnoli i sorrisi prudenti ma fiduciosi dei primi minuti si sono via via tramutati in espressioni contratte. Perché, nel frattempo, le prospettive pronosticate dai sondaggi sulla possibilità di ottenere numeri sufficienti per governare si stavano allontanando sempre di più.

Allo stato attuale delle cose, una candidatura di Feijóo potrebbe essere sostenuta con ogni probabilità solo da 171 voti nel Congresso, meno dei 176 che costituiscono la soglia della maggioranza assoluta. E né una richiesta di agevolazione dell’investitura al Partito Socialista né le altre formule che il numero uno dei popolari ha messo sul tavolo nelle 48 ore successive al voto hanno possibilità verosimili di prosperare, secondo quasi tutti gli analisti più quotati.

Nel frattempo, all’interno del partito inizia a montare il malumore per il mancato obiettivo di Feijóo, che prima delle elezioni dava mostra di sentirsi sicuro della vittoria a tal punto da ritenere più vantaggioso non partecipare a un dibattito in tv con gli altri tre principali candidati. E qualcuno già inizia a insinuare che c’è chi potrebbe far meglio dell’ex governatore galiziano. “Non sarò io a contraddirti”, ha commentato ad esempio Esperanza Aguirre l’invito di un’analista a prendere in considerazione Isabel Díaz Ayuso come prossima leader popolare al posto dell’attuale.

In campo avversario, invece, un Sánchez rafforzato dal miglioramento del suo risultato elettorale rispetto a quello ottenuto nel 2019 ha fatto sapere di non aver fretta di affrontare le prossime fasi del processo elettorale. Che includono un probabile tentativo dell’attuale premier ad interim di ottenere un nuovo mandato, forte di numeri che glielo consentirebbero benché solo a condizione di patti sulla carta non certo semplici da raggiungere con formazioni regionali come gli indipendentisti di Junts per Catalunya.

Sarà paradossalmente proprio il partito di Carles Puigdemont, nonostante il proprio risultato elettorale sia stato peggiore di quattro anni fa (è passato da 8 a 7 seggi) ad avere in mano le chiavi per la governabilità della Spagna. Perché senza i suoi voti, Sánchez non avrebbe possibilità di essere rieletto come primo ministro.

Si va quindi verso uno scenario di negoziati tra le due parti. Dal lato socialista, viene sottolineato a chiare lettere che non saranno possibili concessioni che “fuoriescano da ciò che permette la Costituzione”. Mentre la parte indipendentista reclama proprio due aspetti non contemplati nella ‘Carta Magna’, ovvero l’amnistia per i secessionisti con guai giudiziari e un referendum sull’indipendenza della Catalogna.

Redazione Madrid

Lascia un commento