Confronto sulle riforme, dai colloqui aperture sul premierato

Il confronto tra Governo e il Gruppo Partito Democratico – Italia Democratica e Progressista (Ufficio Stampa)

ROMA. Più premierato che presidenzialismo. Ieri, la giornata di consultazioni alla Camera tra la premier Giorgia Meloni e la ministra per le Riforme Elisabetta Casellati da una parte (presenti anche i vicepremier Tajani e Salvini) e i capigruppo e leader delle opposizioni dall’altra conferma le indicazioni della vigilia, che vedono la maggioranza – decisa a intraprendere un percorso di riforme costituzionali che garantisca la possibilità di avere governi più stabili e duraturi – slittare il proprio orientamento dall’idea originaria del presidenzialismo, cavallo di battaglia del centrodestra da anni, a quello di un ruolo più forte del premier, quando non addirittura eletto in maniera diretta.

“Tra gli obiettivi della maggioranza di governo c’è quello di riformare le istituzioni della repubblica per raggiungere due obiettivi irrinunciabili: la stabilità dei governi e delle legislature e il rispetto del voto dei cittadini nelle urne” ha detto il premier facendo il punto sulla giornata e aggiungendo:

“Mi pare che a monte ci sia una chiusura abbastanza trasversale e più netta su modelli presidenziali o semipresidenziali, e che invece la valutazione sia più variegata sull’ipotesi di un’elezione diretta del presidente del Consiglio e del capo del governo. Noi non siamo innamorati di un sistema specifico, ci sono tanti sistemi che possono essere presi ad esempio nelle altre democrazie e c’è anche la possibilità di immaginare un modello italiano”.

“Per noi – specifica il premier – è molto importante che ci sia una condivisione e spero di ottenere una condivisione il più ampia possibile e più ampia della maggioranza, ma non a costo di venire meno agli impegni presi con i cittadini”.

Il no delle opposizioni al presidenzialismo

Scontato, sin dalla vigilia, il no di Pd e M5S sia al presidenzialismo che all’elezione diretta del capo del governo: “Per noi questa discussione sulla riforma costituzionale non è una priorità del paese” ha premesso la segretaria del Pd Elly Schlein, aggiungendo: “Diciamo no all’elezione diretta del presidente della Repubblica e anche al premierato, il cosiddetto sindaco d’Italia, perché indebolirebbero il Parlamento. Non siamo – spiega – per ridimensionare il ruolo del presidente della Repubblica verso un modello di un uomo o una donna sola al comando”.

“Siamo disponibili a un rafforzamento dei poteri del premier, delle autorità di governo, ma in un quadro che si conservi complessivamente equilibrato” ha spiegato il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, che ha aperto all’ipotesi di una bicamerale. “Nell’ambito però di un quadro – aggiunge – che non mortifichi il modello parlamentare e la funzione parlamentare, che è molto utile per garantire inclusività e favorire la composizione dei conflitti. E poi che non mortifichi neppure, questo ci sta molto a cuore, la funzione del presidente della Repubblica”.

Sulla stessa linea Alleanza Verdi e Sinistra: “Il combinato disposto tra autonomia differenziata e presidenzialismo è un qualcosa che disarticola e aumenterà le disuguaglianze sociali nel nostro Paese, tra nord e sud” ha detto il leader dei Verdi Angelo Bonelli.

La strada (percorribile) del premierato

Tre invece i motivi principali che rendono più praticabile, per altre voci dell’opposizione, la strada del premierato: il primo è che consentirebbe una riforma della Costituzione “più semplice”, perché andrebbe ad intaccare un minor numero di articoli della Carta attuale.

Toccando il ruolo del presidente della Repubblica, infatti, trasformandolo da figura super-partes a principale attore politico, verrebbero meno molti dei contrappesi previsti dalla Carta: in particolare, oggi l’inquilino del Colle ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa e soprattutto il Consiglio superiore della magistratura.

Tutti ruoli che sarebbero incompatibili con la nuova figura. Il secondo è che, come ben sintetizzato dalla capogruppo della Autonomie Julia Unterberger, “se c’è una cosa di cui oggi la popolazione italiana è convinta, è il ruolo del presidente della Repubblica”: il consenso plebiscitario di cui gode oggi Sergio Mattarella, ma di cui spesso hanno goduto i capi dello Stato, sconsigliano probabilmente di intervenire in quella direzione.

Il terzo motivo è prettamente politico, ma deriva comunque dal secondo: era già chiaro, ma è emerso ancor più dai colloqui di oggi, che il punto di caduta su cui la maggioranza può trovare una sponda in alcune delle opposizioni non è il presidenzialismo, ma semmai il premierato.

Non solo le Autonomie: anche Italia Viva e Azione, presentatisi insieme alle consultazioni (con Carlo Calenda ma non con Matteo Renzi) sono disponibili a ragionare col governo a “sull’elezione diretta del premier, come del resto è scritto nel nostro programma”.

(Redazione/9colonne)

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