Rai, Fuortes lascia: “Sono venute meno le condizioni”

La statua del ''Cavallo morente '' di Francesco Messina, esposta all'ingresso della sede Rai di viale Mazzini a Roma
La statua del ''Cavallo morente '' di Francesco Messina, esposta all'ingresso della sede Rai di viale Mazzini a Roma, 18 luglio 2012. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

ROMA. – “Prendo dunque atto che non ci sono più le condizioni per proseguire il mio lavoro di amministratore delegato. Nell’interesse dell’azienda, ho comunicato le mie dimissioni al ministro dell’Economia e delle Finanze”. Queste le motivazioni con cui l’ormai ex amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, ha annunciato la sua decisione al dicastero di via XX Settembre.

“Da decenni – sottolinea Fuortes – lavoro nell’amministrazione pubblica e ho sempre agito nell’interesse delle istituzioni che ho guidato, privilegiando il beneficio generale della collettività rispetto a convenienze di parte”.

“Nel primo anno di lavoro del nuovo Consiglio di amministrazione con il governo Draghi il Cda – rivendica l’ex ad – ha raggiunto grandi risultati per l’azienda. Per citarne solo alcuni: nuovi programmi e palinsesti che hanno portato tra l’altro a un evidente rilancio di Rai2, la trasformazione organizzativa per Generi, un Piano immobiliare strategico che si attendeva da decenni, un rilevante potenziamento di RaiPlay e dell’offerta digitale”.

Fuortes però sostiene che “dall’inizio del 2023 sulla carica da me ricoperta e sulla mia persona si è aperto uno scontro politico che contribuisce a indebolire la Rai e il Servizio pubblico. Allo stesso tempo ho registrato all’interno del Consiglio di amministrazione della Rai il venir meno dell’atteggiamento costruttivo che lo aveva caratterizzato, indispensabile alla gestione della prima azienda culturale italiana. Ciò minaccia di fatto di paralizzarla, non mettendola in grado di rispondere agli obblighi e alle scadenze della programmazione aziendale con il rischio di rendere impossibile affrontare le grandi sfide del futuro della Rai”.

“Il Consiglio di Amministrazione deve deliberare, nelle prossime settimane, i programmi dei nuovi palinsesti ed è un dato di fatto che non ci sono più le condizioni per proseguire nel progetto editoriale di rinnovamento che avevamo intrapreso nel 2021” continua il dirigente, per poi concludere: “Non posso, pur di arrivare all’approvazione in CdA dei nuovi piani di produzione, accettare il compromesso di condividere cambiamenti – sebbene ovviamente legittimi – di linea editoriale e una programmazione che non considero nell’interesse della Rai.

Ho sempre ritenuto la libertà delle scelte e dell’operato di un amministratore un elemento imprescindibile dell’etica di un’azienda pubblica.  Il mio futuro professionale – di cui si è molto discusso sui giornali in questi giorni, non sempre a proposito – è di nessuna importanza di fronte a queste ragioni e non può costituire oggetto di trattativa”.

Il caso del San Carlo di Napoli

Nei giorni scorsi, l’opposizione aveva accusato il governo di aver messo in campo una “norma ad personam approvata dal Consiglio dei ministri per estromettere dal teatro San Carlo di Napoli il sovrintendente Stéphane Lissner per ‘offrire il posto’ all’attuale amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes”, come avevano scritto in una nota Stefano Graziano, capogruppo Pd in commissione parlamentare di Vigilanza Rai e Sandro Ruotolo, responsabile Informazione della segreteria nazionale del Pd.

A replicare ci pensa oggi Maurizio Gasparri, senatore forzista e componente della Vigilanza: “È davvero singolare che il pestaggio mediatico al centrodestra venga fatto sugli stessi schermi della Rai, negli spazi dello strapagato Fazio, da Damilano, piazzato in Rai da esterno dalla sinistra, perché rimasto privo di platee giornalistiche dopo le sue diverse giubilazioni. Vediamo insomma i lottizzati che fanno il processo preventivo alla loro controparte politica.

Da Milano con le tasche piene di soldi Rai e striscia quotidiana sulla tv pubblica, a spese dei cittadini che pagano il canone, si comporta da militante politico, contestando, pagato dalla Rai, e dagli schermi della Rai, principi di democrazia e di pluralismo che noi intendiamo tutelare rispetto alle tipiche lottizzazioni del solito giretto che casca sempre in piedi, a spese degli italiani, negli studi Rai”.

(Redazione/9colonne)

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