Siccità: la crisi idrica non molla la presa in Pianura Padana, laghi a secco

Il fiume Po in secca a Mantova
Il fiume Po in secca a Mantova. (ANSA)

ROMA. – La crisi idrica non molla la presa nella gran parte dell’area Padana e se anche la parte meridionale offre qualche indicatore positivo solo in Emilia-Romagna, restano invece estremamente significativi i dati proiettati dai territori Piemontese e Lombardo dove le analisi comunicate dagli enti che si sono riuniti stamattina – nel corso del secondo incontro ufficiale dell’Osservatorio Permanente dell’Autorità di bacino del Po – hanno sostanzialmente ribadito la situazione idrologica di conclamato stress idrico già evidenziata un mese fa e peggiorata nelle ultime settimane alla luce della mancanza prolungata di precipitazioni in grado di colmare, anche solo parzialmente, il deficit ereditato dalla stagione del 2022.

A dimostrare la grande attenzione d’istituzioni e portatori di interesse di fronte a questo fenomeno, che sembra non avere attenuazione, è stato il numero degli esperti che hanno preso parte alla riunione di Parma; oltre 70 rappresentanti di ministeri, regioni del distretto del Po, stakeholder e agenzie di monitoraggio hanno complessivamente offerto un quadro di palese difficoltà che si preannuncia, per i prossimi mesi in cui prenderà il via la stagione dell’agricoltura, fondamentale per le produzioni ed in cui sarà essenziale impiegare la risorsa in modo quanto mai equilibrato e consapevole da parte di tutti gli utilizzatori.

Il Po in sofferenza

Nell’insieme emergono alcuni casi che dimostrano chiaramente lo stato di sofferenza all’interno del distretto del fiume Po. Le portate rilevate nelle stazioni lungo l’asta del Po rimangono, al 6 marzo, ancorate ad uno stato di estrema o media gravità, e la quota appena superiore ai 632 mc/s registrata oggi nel Delta (a fronte di una portata-obiettivo di 450 mc/s) dimostra che il contesto, a questo periodo della stagione e alla vigilia della parte più consistente dei prelievi per l’irrigazione, si annuncia deficitario. L’intrusione del cuneo salino, sempre nei rami della foce del Grande Fiume, raggiunge già nel Po di Goro i 19 km di risalita delle acque salmastre.

Anche i laghi mantengono quote minime: il Garda risulta ad oggi quello in maggior crisi con un riempimento solo del 25% e con AIPo che già da giorni ha provveduto alla chiusura (eccezion fatta per il deflusso ecologico di 8mc/s verso il Mincio) della diga di Salionze. Il lago Maggiore offre lo stesso panorama con un riempimento del 41,5% e con l’ente regolatore che conferma la scarsità di risorsa nei bacini di valle come mai negli ultimi 16 anni.

La risorsa idrica

Le precipitazioni scarseggiano notevolmente e il caso del Piemonte è il più emblematico con il dato ufficiale di Arpa Piemonte che conferma una anomalia delle piogge fino a -85% esclusa l’area del Cuneese, dove qualche nevicata ha ristorato leggermente il comprensorio sotteso.

Anbi, l’Associazione dei consorzi di bonifica ha avanzato l’immediata richiesta – condivisa dal Segretario Generale di AdBPo, Bratti – di poter provvedere, quanto prima, ad accumulare parte della risorsa idrica oggi disponibile nelle reti di canalizzazioni dei consorzi, in anticipo sulla consueta stagionalità, per creare le migliori e più efficaci condizioni di beneficio per le falde e i pozzi ad uso agricolo, ma naturalmente anche per habitat e biodiversità.

Inoltre, ha sottolineato Alessandro Bratti, come “sia importante un confronto con i vari portatori di interesse per determinare il reale fabbisogno di risorsa idrica. È necessario avere un quadro conoscitivo complessivo delle derivazioni e concessioni che è, ad oggi, ancora frammentato. È altresì rilevante utilizzare e citare i dati ufficiali prodotti dalle Agenzie regionali”.

(Redazione/9colonne)

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