MADRID — Ancora un nulla di fatto. Anche le ultime possibilità di un accordo pre-parlamentare interno al governo spagnolo sulla riforma della legge del ‘solo sì è sì’ — considerata necessaria dal premier Pedro Sánchez per “l’effetto indesiderato” delle riduzioni di condanne che sta provocando — paiono sfumare. Così, l’inizio dell’iter parlamentare delle modifiche proposte dall’ala socialista dell’esecutivo potrebbe essere approvato con il sostegno di partiti dell’opposizione e con il voto contrario di Unidas Podemos. Uno scenario di divisione su una delle principali iniziative dell’agenda femminista di Madrid che sta per consumarsi proprio alla vigilia dell’8 marzo, ricorrenza dall’alto valore simbolico.
Dopo mesi di discussioni, la situazione sembra quella del punto di partenza: il Partito Socialista (PSOE) sostiene che la riforma “tecnica” della parte penale della legge anti-violenze sessuali è necessaria per evitare nuovi sconti di pena indesiderati, mentre Unidas Podemos considera che quanto proposto dai partner di governo per modificare la norma non è la strada giusta in tal senso.
Il partito di Ione Belarra e Irene Montero crede infatti che, con tali cambi, la legislazione penale riguardante le violenze sessuali “retrocederebbe” a quella in vigore ai tempi del caso de La Manada, vicenda di uno stupro di gruppo che provocò una vasta ondata di indignazione popolare anche per la risposta che vi diede in un primo momento la giustizia. I socialisti, dal canto loro, negano di voler modificare “il nucleo” della nuova norma, concepita per “mettere il focus sul consenso” nei rapporti sessuali.
Con questo batti e ribatti di accuse e recriminazioni, i due soci del governo sono così arrivati alla vigilia del primo passaggio parlamentare della riforma proposta dal PSOE senza l’intesa preliminare tanto invocata da Unidas Podemos sul testo da discutere. E la minaccia velata già espressa da questi ultimi nei giorni scorsi su un possibile voto contrario all’iniziativa socialista potrebbe materializzarsi domani. Nonostante ciò, la vicepremier Yolanda Díaz ancora nella giornata di oggi si era detto ottimista. “L’accordo è possibile, ci sono ancora ore sufficienti”, dichiarava in mattinata a giornalisti.
In termini di numeri, quanto proposto dai socialisti non dovrebbe aver difficoltà a prosperare, ma saranno probabilmente necessari voti di formazioni della destra, come il Partiti Popolare, accusato spesso da Sánchez e i suoi di non favorire “i progressi femministi” del Paese.
Nel frattempo, proprio domani il Consiglio dei ministri ha in programma l’approvazione, preannunciata dal premier stesso, di un progetto di legge che stabilisce “la parità” nella rappresentatività femminile per quanto riguarda il Consiglio dei ministri, i consigli d’amministrazione di “grandi aziende”, gli organi di direzione di ordini professionali e le giurie di premi di “riconoscimento pubblico”.
I socialisti vogliono far coincidere il lancio di questa proposta con gli eventi in programma per l’8 marzo, un contesto in cui, tra l’altro, sono probabili momenti che metteranno in luce le divisioni interne esistenti al movimento femminista (come i due cortei paralleli in programma a Madrid). “Se le donne costituiscono la metà della società, devono rappresentare anche la metà del potere politico e del potere economico”, ha sostenuto Sánchez.
Redazione Madrid