Alla ricerca di documenti e complici di Matteo Messina Denaro

ROMA.- Il superboss latitante da 30 anni, Matteo Messina Denaro, è stato trasportato nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila.

I carabinieri del Ros hanno già individuato anche l’appartamento in cui viveva a Campobello di Mazara, paese di Giovanni Luppino, accusato di favoreggiamento, e hanno svolto una dettagliata perquisizione alla ricerca di documenti e prove di connessioni con persone che, in tutti questi anni, lo hanno aiutato a nascondersi.

L’appartamento era a nome di Andrea Bonafede che ha detto di averlo comprato per poi cederlo in uso al capomafia. Andrea Bonafede era anche il nome che aveva assunto Messina Denaro per nascondere la sua vera identità.

La ricercatezza della mobilia e dell’abbigliamento trovati all’interno dell’appartamento dimostrano che Messina non ha mai perso il gusto per la bella vita, l’eleganza e le donne. Tra vestiti e scarpe di lusso c’era anche una vasta scorta di preservativi e pillole per aiutare nelle prestazioni sessuali.

Ma ciò che realmente importa ai carabinieri è trovare documenti, in particolare, quelli che gli avrebbe lasciato Totò Riina, prima del suo arresto, che facciano luce sulle connessioni tra malavita organizzata e mondo politico ed economico. Stanno cercando anche telefoni e computer che potrebbero contenere interessanti informazioni.

Secondo il magistrato Maurizio De Lucia, a capo della Procura di Palermo, Matteo Messina Denaro è anche a conoscenza di importanti segreti dell’organizzazione e delle dinamiche di alto livello, essendo “il punto di riferimento di Cosa nostra trapanese”.

Oggi sicuramente molti staranno tremando nel timore che certi fatti, mantenuti in segreto fino ad oggi, possano venire alla luce.

Intanto sono indagati anche l’autista Giovanni Luppino e il dott. Alfonso Tumbarello che pur essendo già in pensione ne seguiva la salute. Il dott. Tumbarello sarebbe stato anche il medico del vero Andrea Bonafede che conosceva perfettamente.

Dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, avvenuto mentre aspettava di sottoporsi a cure mediche nella Clinica Privata La Maddalena di Palermo, restano in libertà altri quattro boss superlatitanti: Attilio Cubeddu, Giovanni Motisi, Renato Cinquegranella e Pasquale Bonavota.