Perù, un paese senza pace

LIMA.- Un succedersi infinito di governi e presidenti ha caratterizzato la vita politica del Perù in questi ultimi anni. Ogni volta le speranze di stabilità e progresso si sono scontrate con la realtà di una classe politica profondamente corrotta e incapace.

Quasi tutti i presidenti, sei negli ultimi quattro anni, hanno avuto guai con la giustizia e in alcuni casi sono finiti in galera.

L’ultimo atto ha visto come protagonista un ex maestro di campagna e sindacalista diventato Capo di Stato: Pedro Castillo. Arrivato al potere nel 2021 con grandi promesse ma con scarsa capacità di gestione politica è stato incapace di dare soluzioni adeguate ai tanti problemi del paese. Povertà, diseguaglianze, disservizi soprattutto nelle zone più remote, lungi dal diminuire, sono aumentati anche a seguito della crisi della pandemia e della guerra tra Ucraina e Russia.

Castillo, dopo neanche due anni ha dovuto lasciare la Presidenza in maniera ingloriosa, con l’accusa di aver promosso un tentativo di autogolpe e di essersi macchiato del reato di corruzione personalmente o favorendo amici e familiari.

Finito agli arresti, con la sua uscita di scena si è aperta una nuova crisi di governo che è caduta come una doccia fredda sugli strati più fragili della società che poco conoscono i maneggi della politica, preoccupati come sono di assicurarsi la sopravvivenza.

La vicepresidenta Dina Baluarte ha immediatamente sostituito il Presidente con l’intenzione di traghettare il paese fino alle prossime elezioni. Ma non ha previsto la reazione della popolazione, profondamente stanca, preoccupata e piena di rabbia, che non l’ha riconosciuta e ha chiesto di andare immediatamente ad elezioni.

Le proteste, scoppiate in varie zone del Perù, sono state represse con la forza, una risposta che, lungi dal placarle le ha rese ancora più violente e determinate.

Sono 46 le vittime da quando sono iniziate le proteste, centinaia i feriti. In un solo giorno, nella città di Juliaca, sono state uccise 18 persone.

In gran maggioranza sono decedute a causa di ferite da arma da fuoco. Varie organizzazioni di diritti umani, tra cui Amnesty stanno criticando la risposta del governo.

Anche il Coordinamento Nazionale dei Diritti Umani che riunisce una rete di 78 organizzazioni peruviane ha puntato il dito contro la Presidenta, i ministri, e le forze dell’ordine accusandoli di essere i causanti del massacro in cui ha perso la vita anche una ragazzina di 17 anni.

Dina Boluarte è decisa a continuare sulla sua linea dura ma la giustizia sta indagando perché accusata di essere la responsabilità di 28 dei 46 morti.

Il Perù diventa sempre più un paese ingovernabile e soprattutto vittima di politici incapaci e corrotti.

Intanto anche l’economia, che per qualche tempo era riuscita ad andare avanti nonostante la politica, incomincia a risentirne pesantemente.

Redazione Caracas