MADRID – Anche il 2023 si distinguerà per le agitazioni di carattere sociale. Lo hanno assicurato i sindacati di categoria, che esigono incrementi salariali e migliori condizioni di lavoro. Sindacati e rappresentanti di settori pubblici e privati si sono riuniti presso l’università Centrale del Venezuela e hanno deciso di proseguire nelle loro rivendicazioni. “In primis”, quella salariale.
“Il 2022 – ha affermato José Patines, segretario generale del sindacato del ;inistero degli Esteri, nel corso della conferenza stampa che ha fatto seguito all’incontro – ci è stata venduta l’idea di una ripresa economica del Venezuela. È stata una menzogna”.
Dal canto suo, Keta Stephany, della Federazione delle Associazioni dei Professori Universitari (Fapuv), ha indicato che il tavolo dei negoziati in Messico, tra Governo e Opposizione, deve affrontare la situazione attuale dei lavoratori.
Il Paese, lo scorso anno, ha vissuto in agitazione permanente a causa delle rivendicazioni salariali e sociali alle quali il Governo non è mai riuscito a dare risposte. Solo a settembre, stando all’“Observatorio Venezolano de Conflictos Sociales”, sono state registrate 572 proteste in tutto il paese. Di queste, 324 sono state organizzate per esigere i diritti dei lavoratori; quei diritti che l’attuale governo sostiene di difendere a “spada tratta”.
Le proteste, nel corso dell’anno che è appena iniziato, continueranno a caratterizzare la vita del Paese. Data la situazione economica e sociale, c’è da scommettere che saranno sempre più frequenti. A dare il la è stata la Federazione Venezuelana dei Maestri e i sindacati che rappresentano il settore dell’Educazione. Ed infatti, già il 9 gennaio sono stati protagonisti di proteste a Caracas, di fronte la sede del Ministero dell’Educazione, e soprattutto in provincia, dove la partecipazione è stata massiccia.
I maestri, una categoria un tempo rispettata e invidiata, hanno constatato che, in seno al governo del presidente Nicolás Maduro, non c’è alcuna volontà di firmare il III Contratto Collettivo. È per questo che si sono dichiarati in “emergenza” e annunciato che prossimamente renderanno noto quali provvedimenti prenderanno per ottenere incrementi salariali e migliori condizioni di lavoro. Tra le misure sarà sicuramente contemplata la realizzazione di uno sciopero, ma non prima di aver percorso tutte le strade possibili per una soluzione condivisa.
Gli insegnati avevano annunciato che ci sarebbe stato un incontro con la ministra dell’Istruzione, Yelitze Santaella. Speravano che questa fosse l’occasione per stabilire le basi per la discussione del contratto collettivo. Ma la ministra ha delegato un suo funzionario di rappresentarla. E questi si è limitato ad informare i delegati sindacali dei maestri che non c’erano “soldi per firmare un contratto collettivo”.
“Gli insegnanti – ha scritto Edgar Machado, presidente della FVM, sui suoi social network – chiedono uno stipendio decente, equo e sufficiente che consenta ai lavoratori dell’istruzione di avere una migliore qualità di vita”
La Federazione Venezuelana dei Maestri, sempre attraverso il suo account in Twitter, ha chiesto ai propri rappresentati di organizzare assemblee di delegati, di creare comitati di conflitto e programmare assemblee nelle scuole e nelle parrocchie. Ha chiesto inoltre di iniziare una campagna per sensibilizzare l’opinione pubblica, in particolare i genitori.
Quella dei maestri non è l’unica protesta per migliori condizioni di lavoro e rivendicazioni salariali. D’altronde, la paga minima di un lavoratore è di poco superiore ai sei dollari al mese. Poco, troppo poco per acquistare alimenti e beni di prima necessità in un paese la cui economia soffre le conseguenze di una inflazione galoppante.
Redazione Caracas