Crisi nella democrazia nordamericana: il trumpismo supera Trump

Il leader repubblicano Kevin McCarthy parla con i giornalisti dopo l'ennesima sconfitta per essere eletto Speaker della Camera dei Deputati USA
El lider repubblicano Kevin McCarthy declara a la prensa. Archivo. EPA/JIM LO SCALZO

WASHINGTON.- Il trumpismo supera Trump. L’ala più reazionaria della Camera dei Deputati nordamericana, quella legata prima al Tea Party e dal 2015 al Freedom Caucus, quella che ha osannato Trump e in gran parte non ha accettato la sua sconfitta nelle elezioni presidenziali, sta mettendo seriamente in crisi la democrazia più antica del mondo moderno.

Ormai da giorni nella Camera bassa del Parlamento nordamericano i repubblicani, che detengono una maggioranza risicata, non riescono ad eleggere Kevin McCarthy come Speaker. Lo impediscono 20 deputati di cui 15 rieletti e 5 nuovi, molti sostenuti fortemente da Trump. Sono, in ordine alfabetico: Andy Biggs dell’Arizona, Dan Bishop del North Carolina, Lauren Boebert del Colorado, Michael Cloud del Texas, Andrew Clyde della Georgia, Matt Gaetz della Florida, Bob Good della Virginia, Paul Gosar dell’Arizona, Andy Harris del Maryland, Mary Miller dell’Illinois, Ralph Norman del South Carolina, Scott Perry della Pennsylvania, Matt Rosendale del Montana, Chip Roy del Texas, Byron Ronalds della Florida, Josh Brecheen dell’Oklahoma, Eli Crane dell’Arizona, Andy Ogles del Tennessee, Anna Luna della Florida e Keith Self del Texas.

Nonostante lo stesso tycoon li abbia esortati a votare Kevin McCarthy per restituire autorevolezza alla Camera, il braccio di ferro tra il candidato alla Presidenza e l’ala più reazionaria dei repubblicani non si allenta e le elezioni si succedono senza che ci sia segnale di fumata bianca.

Gravissimo impasse non soltanto per la democrazia nordamericana che praticamente non ha Camera dei Deputati in quanto, finché non ci sarà il Presidente, i neo eletti non sono in carica, ma per il mondo perché restano in aria moltissimi regolamenti riguardanti la politica estera, dalla guerra in Ucraina ai negoziati sul nucleare in Iran.

Era accaduto solo più di 150 anni fa che un candidato alla Presidenza della Camera, espressione della maggioranza, non riuscisse ad ottenere, dopo molte votazioni, il quorum per farcela.

I repubblicani fondamentalisti non vogliono accettare un McCarthy che rappresenta l’ala moderata del partito, che vorrebbe tornare agli anni in cui le differenze tra repubblicani e democratici esistevano ma senza arrivare agli estremismi degli ultimi anni e il paese non era spaccato come lo è ora. Meno che mai concordano con le sue opinioni sulla necessità di creare una commissione che indaghi sull’utilizzo del governo federale come arma politica per attaccare Joe Biden. McCarthy si era detto anche contrario al voto telematico o alla partecipazione a distanza nelle commissioni, come vorrebbe questo gruppo di repubblicani.

Dopo i tanti tentativi falliti McCarthy ha ammorbidito la sua linea su vari punti come ammettere che uno solo dei 435 deputati possa porre una mozione di censura per destituirlo e ha promesso al Freedom Caucus una rappresentanza forte nelle Commissioni più importanti. Ma non è bastato per cambiare la posizione degli irriducibili.

Oggi alle 12 ora di Washington si voterà ancora. Sarà la dodicesima elezione.

Tutto lascia supporre che ancora una volta la giornata si concluderà con una fumata nera e in questo tira e molla ciò che scricchiola pericolosamente è la democrazia nordamericana mentre esultano gli autocrati e i dittatori del mondo, in primis Vladimir Putin.

 

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