ROMA. – Di nuovo pieno inverno. E di nuovo l’emergenza Covid. Mentre il governo si accingeva, con l’ok al decreto sui rave, ad allentare ulteriormente le misure per contrastare il virus, sul tavolo di Palazzo Chigi torna, bollente, la grana della gestione dell’epidemia. Un problema in più, e inatteso, per la premier Giorgia Meloni che, praticamente chiusa la manovra, stava rimettendo in fila tutti i dossier per prepararsi alla sua prima conferenza stampa di fine anno.
Un fuoco di fila di 45 domande che la aspettano e che, inevitabilmente, torneranno a toccare anche la questione del Sars-Cov19 che tutti, in fondo, speravano di essersi lasciati alle spalle. La preoccupazione, invece, è il sentimento che segna il Cdm, anche se l’imperativo è di non creare allarmismo e di procedere passo passo. L
a recrudescenza in Cina, peraltro, ha già portato l’esecutivo di centrodestra, che aveva promesso l’addio alle restrizioni, a reintrodurre tamponi obbligatori per i viaggiatori in arrivo dalle aree del nuovo contagio. Il primo in Europa, mentre altri, come la Francia, si dicono pronti a coordinarsi con Bruxelles. Anche l’Italia, annuncia il ministro Orazio Schillaci, ha scritto al commissario Ue alla Salute per chiedere una azione “coordinata”, anche perché oltre agli arrivi diretti c’è il problema di chi fa scalo in area Schengen.
Anche Matteo Salvini fa sapere di essere in contatto con la commissaria ai Trasporti, Adina Valean, chiedendo controlli in tutti i Paesi Ue. Ma dalla commissione, almeno per il momento, una indicazione non arriva. Il ministro fa una relazione in Consiglio dei ministri, nelle intenzioni l’ultimo del 2022, chiamato a lanciare un ulteriore salvagente per l’ex Ilva e a varare il nuovo codice per le Ong. E spiega che l’auspicio è che dal sequenziamento dei tamponi positivi si rivelino varianti “già presenti” nel paese.
“Siamo molto tranquilli” il messaggio che manda in diretta tv alla fine del Cdm, perché al momento “non c’è nessun tipo di preoccupazione”. Ma “se ci dovesse essere un problema – assicura – interverremo tempestivamente”. I governatori già si erano attivati, prevedendo tamponi non obbligatori che hanno rivelato un positivo su due in arrivo dalla Cina a Malpensa. Per altre misure, aveva già fatto sapere l’assessore lombardo Guido Bertolaso, con il ministro Schillaci “abbiamo condiviso l’esigenza di attendere i risultati dei sequenziamenti”.
Ma l’innalzamento del livello di sorveglianza, che porta a riaprire i centri per i test, scatena le opposizioni che chiedono, subito, che il governo riferisca in Aula. E nelle prossime ore sarà Schillaci a illustrare la situazione a Palazzo Madama, come annuncia lui stesso in Cdm. “Siamo preoccupati, vogliamo essere certi che siano attivate tutte le misure di prevenzione del caso” dice in Aula al Senato l’ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin che, insieme al 5S Stefano Patuanelli e alla capogruppo del terzo Polo, Raffaella Paita, chiede una informativa urgente al Senato.
Lo stesso fa poco dopo alla Camera Federico Fornaro mentre Roberto Speranza – oggetto, nel suo ruolo di ministro della Salute durante la pandemia, degli attacchi più duri di FdI – passa subito al contrattacco perché “la strategia di Meloni – dice – sul Covid non esiste più”. Nelle stesse ore l’assessore dem – e candidato governatore del Lazio – Alessio D’Amato taccia come un “errore” l’avere sottovalutato “le notizie che provenivano da giorni dalla Cina”.
E il governatore del Veneto Luca Zaia plaude all’iniziativa di Schillaci e ricorda che “in questi casi il tempo è prezioso e che ora “bisogna proseguire con decisione sulla via della prevenzione”, rievocando anche il tanto contestato Cts ma proprio “per non incorrere negli errori del passato”. Comitato che si è riunito per l’ultima volta a fine marzo di quest’anno e che, almeno per il momento, nessuno nel governo ha fatto cenno di voler riesumare.
(di Silvia Gasparetto/ANSA)