ROMA. – “Casa vostra vi vede, vi guarda e sa quanto vi deve”. Giorgia Meloni vola in Iraq, nell’antivigilia di Natale, per portare al contingente italiano, che guida tra l’altro la missione Nato nell’area, gli auguri della “patria, che se è madre deve essere presente”.
La presidente del Consiglio sceglie di fare la prima visita ai militari all’estero partendo da Baghdad, dove fa un saluto anche all’ambasciata, e dalla base di Erbil, nel Kurdistan iracheno. Nelle stesse ore il ministro della Difesa, Guido Crosetto, passa in rassegna le truppe di stanza in Ungheria, Bulgaria e Romania. Quel confine est dell’Unione europea rafforzato negli ultimi mesi, dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
“Portavo il vostro stesso cappello” dice Crosetto ai soldati, ricordando il suo servizio militare. Si tratta del “fronte più critico, che ha segnato e segnerà le nostre vite”, dice a Veszprem, in Ungheria, dove ha incontrato il personale schierato nella base militare Papa Air Base, impegnato nella missione “Enhanced vigilance activities” nell’ambito del Battle Group Nato.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani porta invece gli auguri del governo agli oltre mille uomini del contingente Unifil di stanza in Libano. A Beirut incontra il primo ministro Najib Mikati e il presidente del Parlamento, perorando la causa della stabilità del Paese che passerà attraverso elezioni rapide del presidente della Repubblica.
Meloni parte nella notte. Al suo arrivo a Baghdad viene accolta dal premier iracheno Muhammad Sudani, con cui avrà un primo colloquio cui seguiranno quelli con il presidente iracheno Abdul Latif Rashid, il presidente del Parlamento, Mohammed al-Halbousi e il Patriarca della Chiesa Cattolica Caldea d’Iraq, Cardinale Louis Raphael Sako, oltre a quelli con le autorità curde: il primo ministro Masrour Barzani e il presidente dell’Autorità, Nechirvan Barzani, a Erbil.
Non ci può essere stabilità in Medio Oriente senza “un Iraq forte”, il messaggio che porta la premier, assicurando il sostegno e l’amicizia dell’Italia. Scegliere il 25 dicembre come “festa nazionale”, osserva, è segno peraltro di “grande rispetto della libertà religiosa” e dei cristiani presenti nel Paese. In ambasciata, ancora in abiti civili, la premier saluta il personale e poi i militari del Primo reggimento ‘Tuscania’ e del Tredicesimo reggimento ‘Friuli Venezia Giulia’ dell’arma dei Carabinieri.
“A voi dobbiamo la nostra testa alta, il nostro passo sicuro” dice Meloni, prima di indossare la mimetica e la targhetta con il nome, dono dei militari, e di spostarsi nel cuore del Kurdistan iracheno. Alla base di Erbil ripete il messaggio già portato agli altri soldati. “L’Italia è fiera di voi”, di una scelta che è costata “sacrifici” ma che è fatta “con amore”. E cita il francese Gustave Thibon, il “filosofo-contadino”, e il suo ‘l’uomo non è libero nella misura in cui non dipende da niente e da nessuno ma è libero nell’esatta misura in cui dipende da ciò che ama ed è schiavo nell’esatta misura in cui dipende da ciò che non può amare”.
L’Italia, rivendica la premier nei diversi incontri, esporta “cooperazione” non va “in giro a fare attività predatorie”. Uno dei motivi per cui il Paese sa “costruire relazioni solide” e da cui deriva, grazie all’azione dei militari italiani all’estero, “la nostra capacità di essere credibili, influenti e stimati come l’Italia sa essere”. Solo in patria, concetto che ripete spesso, “non ci rendiamo conto di quanto siamo considerati” fuori. Poi i selfie e attimi di commozione quando i militari le regalano un Tricolore con le firme e una foto-mosaico che la rappresenta ma è formato dai volti di tutti i militari di stanza in Iraq.
(di Silvia Gasparetto/ANSA)