ROMA. – I 7,5 milioni di voti persi dal 2008, rievocati da Walter Verini al Nazareno, pesano come un macigno sul percorso costituente del nuovo Pd. A fare il resto sono gli ultimi sondaggi in discesa e lo scandalo del Qatargate che imbarazza il centrosinistra. E’ questa l’atmosfera in cui si svolge il primo confronto tra i candidati alla segreteria del Pd, Stefano Bonaccini, Paola De Micheli ed Elly Schlein.
Un dibattito ampio, da cui emerge la necessità di non “liquidare” il partito democratico, ma ancorarsi alle sue radici per affrontare nuove sfide e, soprattutto, scongiurare eventuali scissioni. Enrico Letta cerca di scuotere i suoi insistendo sull’orgoglio del Pd”, che oggi viene “attaccato da più parti”, anche “da chi è con noi all’opposizione. Eppure – afferma il segretario – siamo noi l’opposizione a questo governo ed è attorno a noi che si può costruire l’alternativa in Lombardia e nel Lazio. Questo dà il senso della centralità che abbiamo”. Una centralità rivendicata “nonostante le difficoltà”.
Lo scandalo che scuote Bruxelles in questi giorni non resta fuori dal Nazareno, tutt’altro. Irrompe con l’intervento durissimo della vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno: “Coloro che hanno provato a disonorare la nostra comunità devono essere espulsi e questa costituente deve servire da monito per coloro che vorranno infangarla in futuro”. Il segretario, subito dopo, le dà manforte: bisogna “reagire con tutta la forza che abbiamo. Siamo una comunità di gente per bene, che vuole pulizia e la trasparenza più totale”.
L’incontro viene aperto dalle sollecitazione di un folto gruppo di democratici, da Verini a Stefano Ceccanti, da Debora Serracchiani a Marianna Madia. “Se la soluzione alla nostra crisi deve essere quella di una riedizione della sinistra dei Ds, con tutto il rispetto per quella storia, credo che sia un’errore storico”, avverte Madia. Secondo Graziano Delrio non serve “un nuovo partito”, perché “il Pd c’è già” e Debora Serracchiani avverte: “Dalla fase costituente siamo passati alla fase della liquidazione” ed “è un errore”.
Il dibattito tra i tre candidati è piuttosto stringato: un intervento ciascuno, in rigoroso ordine alfabetico. “Guai a fare la fotocopia di 5s e terzo polo – dice Bonaccini -. Noi siamo una forza laburista”, dobbiamo “tornare a fare il Pd e riprenderci lo spazio di un partito a vocazione maggioritaria. Avverto anche io pulsioni al cambiamento con connotati regressivi” e “contrasterò questa tendenza” che segnerebbe “la fine del Pd”. Bonaccini il 28 dicembre è atteso a Roma per un’iniziativa su antimafia e anticorruzione, quello potrebbe essere l’occasione per battezzare un nuovo ingresso in squadra: quello di Picierno, papabile vice.
De Micheli, molto critica sulla costituente, insiste sulla necessità di anticipare la data del congresso e rilancia sui temi: “Cambiamo lo statuto in statuto dei lavori” e rendiamo il “femminismo” parte “sostanziale” del dibattito, “non formale come accaduto anche nella nostra comunità”, l’affondo.
Schlein, che non si sente affatto un’outsider, usa toni concilianti: “Non siamo qui per fare una resa dei conti ma per costruire il nuovo Pd e farlo insieme, salvaguardare il suo prezioso pluralismo ma senza rinunciare a un’identità chiara, ad un profilo netto”. Con la deputata è schierato anche Mattia Santori (Sardine) che ha preso la tessera del Pd, mentre Goffredo Bettini parla di “consonanza” con le prime idee da lei espresse.
L’autocritica tra i dem non manca, ma per il gruppo dei promotori dell’incontro non bisogna rinnegare le radici del partito. Anzi, Verini sprona a “ricercare tra i principi fondamentali dell’Ulivo ’96 e del Lingotto 2007”. Letta concorda e precisa: “Non dobbiamo riscrivere un programma ma sapere che quanto accaduto in questi 15 anni, l’impatto della tecnologia, la vicenda climatica e il tema delle disuguaglianze, oggettivamente ci portano ad aggiornare la riflessione”.
(di Paola Lo Mele/ANSA)