La Corte Suprema si pronuncia sul ‘solo sì è sì’, ma i dubbi persistono

MADRID — L’atteso verdetto è arrivato. La Corte Suprema spagnola si è pronunciata per la prima volta sull’applicazione della legge del “solo sì è sì”, la norma anti-violenze sessuali del governo di Pedro Sánchez al centro delle polemiche per i casi di riduzioni di condanne che ha prodotto. Tale parere era stato invocato anche dallo stesso premier, per avere una guida su quali criteri giuridici debbano guidare l’interpretazione del nuovo testo legislativo. Tuttavia, non tutte le nubi incombenti sulla questione appaiono ora schiarite.

Nello specifico, la Corte Suprema ha emesso una sentenza sul cosiddetto ‘caso Arandina’, riguardante accuse di abusi sessuali a una 15enne mosse nei confronti di un gruppo di giocatori di un club di calcio di semi-professionisti delle provincia di Burgos. Con la risoluzione resa nota oggi, l‘Alta Corte ha inflitto nove anni ciascuno a due ex integranti nella squadra: in questo modo, il tribunale alza le pene inflitte in appello (quattro e tre anni, rispettivamente) a seguito della revisione di attenuanti precedentemente considerate, ma indica, allo stesso tempo, che la pena avrebbe potuto risultare di un anno più elevata con la normativa precedente.

A motivare tale situazione, spiega la Corte Suprema in un comunicato stampa, è il fatto che la nuova norma, in questo caso, contempla per il tipo di reato sessuale attribuito agli accusati dichiarati colpevoli un castigo più favorevole al reo. E, per principio costituzionale, questo è il criterio che deve prevalere. 

Con questa interpretazione, la Corte Suprema avalla pertanto l’opinione espressa da diversi tribunali territoriali. Alcuni di essi hanno indicato, come base del problema riscontrato nell’applicare la nuova legge, l’assenza nella stessa di una disposizione che ne stabilisca la non retroattività. Diverso era stato invece il parere della Procura Generale, secondo cui i pm devono, in termini generali, assecondare eventuali richieste di abbassamento delle pene solo in casi specifici, e cioè se la condanna fissata è superiore al massimo stabilito dalla nuova norma.

D’altro canto, sia la Corte Suprema sia il procuratore generale dello Stato sono d’accordo su un aspetto: i casi vanno analizzati uno per uno. “L’Alta Corte sottolinea che la legge può essere applicata a vantaggio dell’imputato, quando è ora fissata una pena inferiore, nei casi in cui ciò sia opportuno, ma analizzando ogni caso nello specifico e non in base a un criterio generico”, dice la nota publicata oggi.

In reazione all’opinione espressa oggi dal tribunale, Madrid ha chiesto di attendere un’analisi “approfondita” della sentenza sul ‘caso Arandina’. “Sarebbe imprudente avanzare ora ipotesi su un qualsiasi tipo di azione”, ha sostenuto dalla ministra della Giustizia, Pilar Llop, interpellata da giornalisti che le hanno chiesto se il governo pensa di applicare modifiche alla norma, come richiesto da vari gruppi politici. “La norma va oltre gli aspetti punitivi, è protettiva nei confronti delle vittime”, ha aggiunto la ministra.

Sulla decisione della Corte Suprema si è pronunciata anche la sua collega alle Pari Opportunità, Irene Montero. “Con la legge del “solo sì è sì”, il caso Arandina non è considerato abuso, bensì aggressione. La legge è solida, combatte l’impunità e soprattutto protegge tutte le vittime, comprese quelle che non denunciano”, ha commentato su Twitter.

Molto dura, invece, la reazione dell’opposizione. “Il governo sta avvantaggiando gli aggressori con le sue leggi e con la sua arroganza nel non correggerle”, sostiene il Partito Popolare. “Questa legge è una follia e va abrogata”, è quanto sostenuto invece da Vox.

Redazione Madrid

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