Torna a salire la fiducia di famiglie e imprese in Italia

Spese di Natale

ROMA. – Una brezza di fiducia soffia su famiglie e imprese italiane. Potrebbe essere l’effetto della cosiddetta “luna di miele” che accoglie ogni nuovo Governo, o forse il calo del prezzo del gas e dei carburanti rientrato dai picchi estivi e per i minori rischi di razionamento “forzato” dei consumi energetici. O tutto insieme.

Fatto sta che a novembre gli italiani sembrano aver cambiato di colpo la visione sul loro futuro. Secondo le stime Istat, infatti, dopo aver toccato il mese scorso i minimi dal maggio del 2013, la fiducia dei consumatori a novembre è risalita di 8 punti (da 90,1 a 98,1). E anche le imprese sembrano aver ritrovato l’ottimismo dopo quattro mesi di sentiment negativo, la loro fiducia è salita da 104,7 a 106,4.

Anche la Germania fa meglio del previsto. L’ufficio di statistica federale ha rivisto al rialzo le sue previsioni di crescita per il terzo trimestre. Secondo l’ufficio tedesco Il Pil è cresciuto sul trimestre precedente dello 0,4%, un decimale in più rispetto alle stime iniziali che puntavano a un aumento dello 0,3% e dell’1,3% su base annua.

Il miglioramento del dato tedesco è solito avere buoni effetti sull’economia italiana che ha il settore manifatturiero tradizionalmente legato a quello tedesco. Infatti a fine ottobre anche l’Istat ha rivisto in meglio le stime del Pil italiano del terzo trimestre portandolo a un +0,5% sul trimestre precedente e a un +2,6% in termini tendenziali.

Anche oggi il prezzo del gas non è fonte di inquietudine mantenendosi vicino ai 125 euro al Megawattora. Piuttosto si guarda a quello che succederà il 5 dicembre quando scatterà in Ue il blocco al petrolio russo. Il portavoce della Commissione Ue ha comunque rassicurato che il blocco riguarderà “solo il “petrolio” russo, compreso quello trasportato lungo gli oleodotti”, e non ci sarà nessun blocco sul gas russo: “Non abbiamo mai annunciato alcun lavoro per un embargo al gas russo” ha chiarito Eric Mamer.

In attesa delle nuove stime sull’andamento dell’Eurozona, gli ottimisti traggono sollievo anche dall’andamento dell’inflazione in Usa, Paese da cui le nostre importazioni continuano a crescere nonostante il dollaro forte. A ottobre, probabilmente anche grazie alla legge contro l’inflazione, l’indice dei prezzi Usa ha registrato un rallentamento più significativo del previsto passando dal + 8,2% di settembre a +7,7% .

A fronte di questi indicatori il rischio recessione dovrebbe ridimensionarsi. E potrebbero essere riviste al bello le previsioni pessimistiche del Fondo Monetario Internazionale di ottobre che davano Italia e Germania in recessione nel 2023, la prima con una decrescita allo 0,2% e la seconda a – 0,3%. Tutti argomenti questi che incideranno sulla riunione della Bce del 15 dicembre quando sarà decisa la misura del nuovo rialzo dei tassi.

Una recessione più “mite” permetterebbe alla Bce di proseguire in modo meno chirurgico sulla stretta e arrivare – come chiedono i falchi – a un nuovo rialzo dello 0,75. D’altra parte l’inflazione – scappata di mano sotto l’ondata bellica – dovrebbe, secondo il vicepresidente della Bce Luis de Guindos essere vicina al suo picco per poter rientrare a giugno nella curva discendente, argomento questo che favorirebbe le “colombe” di Francoforte e quindi portare a un rallentamento dell’aumento dei tassi su imitazione della Fed.

Tornando all’indice di fiducia in Italia, questo è composto per i consumatori da quattro indicatori. In particolare, il clima economico e il clima sulle aspettative per il futuro hanno registrato le variazioni più accentuate (rispettivamente da 77,6 a 95,2 e da 88,8 a 102,8) mentre il clima personale e quello corrente aumentano in modo più contenuto (nell’ordine da 94,3 a 99,0 e da 91,0 a 94,9).

Con riferimento alle imprese, il clima di fiducia migliora anche qui in quasi tutti i comparti (nel settore manifatturiero l’indice passa da 100,7 a 102,5, nei servizi da 96,0 a 98,8 e nel commercio al dettaglio da 109,0 a 112,2) ad eccezione delle costruzioni dove l’indice diminuisce da 157,5 a 151,9. Quest’ultimo probabilmente influenzato prima dalla stretta creditizia sul bonus al 110% e poi sulla riduzione della super-agevolazione imposta dal Governo.

(di Maria Gabriella Giannice/ANSA)

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