Zelensky a Kherson: “Siamo pronti per la pace”. Colloqui Usa-Russia

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky posa per un selfie con i soldati di stanza a Kherson.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky posa per un selfie con i soldati di stanza a Kherson. (Ufficio stampa della Presidenza Ucraina).

MOSCA. – L’inno cantato con la mano sul cuore, davanti a soldati e comuni cittadini, mentre la bandiera gialloblù ucraina viene issata sulla sede della prefettura. Tre giorni dopo il ritiro delle truppe russe Volodymyr Zelensky arriva per una visita a sorpresa a Kherson per affermare che “è impossibile uccidere l’Ucraina” e che la liberazione della città segna “l’inizio della fine della guerra”.

“Siamo pronti per la pace”, aggiunge poi, una frase che basta a scatenare una ridda di interpretazioni, mentre a livello internazionale si moltiplicano i segnali di un possibile negoziato che porti al cessate il fuoco. Primo fra tutti un incontro ad Ankara tra il capo della Cia e il suo omologo russo. La Russia ha snobbato la visita di Zelensky, che è durata in tutto mezz’ora e di cui il presidente ha pubblicato le immagini sul suo canale Telegram, accompagnandole con il messaggio ‘Kherson-Ucraina’.

Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, si è limitato a dire che per Mosca Kherson rimane invece “territorio russo”. Mentre il sindaco filorusso Alexander Kobets, evacuato con i civili sulla sponda sinistra del Dnepr, ha lanciato l’allarme per possibili rappresaglie degli ucraini su presunti “traditori” rimasti in città. L’agenzia russa Ria Novosti ha pubblicato con grande risalto una fotografia della Ap che mostra due presunti collaborazionisti legati a dei pali in una strada di Kherson ed esposti agli insulti dei passanti.

Due visioni contrapposte della realtà, dunque, che caratterizzano anche le dichiarazioni sulle possibili trattative. Kiev ha ribadito i punti su cui dice di non poter transigere, primi fra tutti il “ritiro di tutte le truppe russe” e il “ripristino dell’integrità territoriale ucraina”. Ma Mosca, ha affermato il vice ministro degli Esteri Alexander Grushko, considera “inaccettabile” la condizione di un ritiro prima dei negoziati, che invece devono “tenere conto della situazione sul terreno”.

Sul terreno, appunto, la riconquista di Kherson non sembra ancora dare la spallata decisiva alle forze russe. “I prossimi mesi saranno difficili” per l’Ucraina, ha avvertito non a caso il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, invitando a non “commettere l’errore di sottovalutare la Russia”.

Da parte sua il presidente americano Joe Biden ha parlato di “vittoria significativa” per l’Ucraina, aggiungendo però che l’esito del conflitto “rimane da vedere”. E proprio in queste ore Mosca ha annunciato di avere strappato agli ucraini la località di Pavlovka, nella provincia orientale di Donetsk, mentre le truppe russe rimangono trincerate non lontano da Kherson sulla riva opposta del Dnepr, unica barriera geografica in un territorio per il resto aperto e pianeggiante.

In questa situazione che non vede un vincitore sicuro, gli Usa continuano i colloqui con i russi. Dopo le telefonate dei mesi scorsi tra i rispettivi ministri della Difesa e i consiglieri per la Sicurezza nazionale, il capo della Cia William Burns ha incontrato di persona la sua controparte russa Serghei Narishkin ad Ankara. Si è trattato solo di un colloquio volto a mettere in guardia Mosca contro l’uso delle armi nucleari e non si è parlato di negoziati per l’Ucraina, hanno assicurato dalla Casa Bianca.

Ma l’incontro è avvenuto qualche giorno dopo una visita a Kiev di Jake Sullivan durante la quale, ha scritto il Wall Street Journal, il consigliere per la Sicurezza nazionale americano avrebbe fatto pressioni su Zelensky perché ripieghi su “richieste realistiche” per le trattative.

Segnali di possibili sviluppi sul fronte diplomatico sono anche l’annuncio del presidente francese Emmanuel Macron di voler chiamare quello russo Vladimir Putin a conclusione del vertice del G20. Ma soprattutto il commento del segretario al Tesoro americano Janet Yellen, secondo la quale “mettere fine alla guerra è un imperativo morale e la singola cosa migliore che possiamo fare per l’economia”.

E anche i timori per un possibile cedimento a Mosca manifestato dal fronte dei Paesi baltici, sostenitori della linea dura contro Mosca. Il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis ha avvertito che “la pace in Ucraina deve arrivare solo nei termini che l’Ucraina deciderà” e “le speculazioni che emergono nella sfera pubblica”, leggi le voci sui negoziati, “non sono d’aiuto”.

(di Alberto Zanconato/ANSA)