Spettro violenza sul voto Midterm Usa, Biden e il mondo al bivio

L'assalto a Capitol Hill. (ANSA)

WASHINGTON. – Le elezioni di Midterm entrano nello sprint dell’ultima settimana di campagna con lo spettro della violenza e del caos, dopo l’aggressione a martellate al marito della speaker della Camera Nancy Pelosi e le crescenti minacce a candidati, scrutatori e responsabili di uffici elettorali. Un clima infuocato che ha fatto scattare l’allerta del dipartimento per la sicurezza nazionale in vista dell’election day dell’8 novembre, quando gli americani andranno alle urne per rinnovare l’intera Camera e un terzo del Senato (ma oltre 20 milioni hanno già votato anticipatamente).

E’ la conferma che l’America non ha voltato pagina dopo il tragico assalto al Capitol del 6 gennaio 2021 da parte dei fan di Donald Trump, che ha tutta l’intenzione di ricandidarsi per la Casa Bianca, dopo aver convinto oltre il 70% dei repubblicani che le presidenziali sono state truccate.

Mai come ora le elezioni di metà mandato sembrano un bivio, non solo per Joe Biden e l’America ma pure per il mondo. Una vittoria dei repubblicani, anche in un solo ramo del parlamento, trasformerebbe il presidente in un’anatra zoppa bloccando la sua agenda per i prossimi due anni (compresa l’aspirazione a codificare il diritto di aborto), minando le sue chance di ricandidarsi e rimettendo in discussione forse gli aiuti a Kiev, con un potenziale effetto domino sull’alleanza occidentale.

Kevin McCarthy, speaker in pectore della Camera, ha già preannunciato che il Grand Old Party non firmerà più “assegni in bianco”, interpretando la linea isolazionista trumpiana dell’America First, secondo cui i soldi dei contribuenti devono essere spesi prima di tutto a favore degli americani, tanto più in un clima di recessione. Il successo del Gop alla Camera comporterebbe anche lo stop all’inchiesta sull’assalto al Capitol, dove il tycoon è chiamato a testimoniare entro il 14 novembre, e l’avvio di controinchieste (ad esempio sul figlio di Biden, Hunter) o addirittura di procedure di impeachment contro il presidente e alcuni suoi ministri.

Il voto di Midterm – il più costoso della storia Usa, con circa 8 miliardi di dollari spesi in spot pubblicitari, il doppio del 2018 – sarà anche un test su Trump. Se un numero sufficiente dei suoi candidati estremisti e negazionisti (della vittoria di Biden) vincerà, dimostrerà ancora una volta la sua capacità di plasmare il partito e scenderà nuovamente in pista per le presidenziali, anche per difendersi meglio dalle varie inchieste che lo minacciano. Qualora invece perdessero, la vulnerabilità della sua retorica incendiaria apparirebbe un tallone d’Achille e il suo ritorno si complicherebbe.

“E’ in gioco la democrazia”, ha messo in guardia Biden in una lunga campagna (domani sarà in Florida) dove però gran parte dei candidati dem lo ha evitato per la sua impopolarità, mentre è sceso in campo con lo stesso messaggio anche il più carismatico Barack Obama (martedì in Nevada), senza nascondere le sue critiche ad un partito che appare impantanato in polemiche astratte e disconnesso dalla vita quotidiana della gente. I due parleranno comunque dallo stesso palco sabato a Philadelphia.

Fino a poche settimane fa i sondaggi avevano pronosticato una rimonta tale da consentire ai dem di mantenere il controllo del Congresso, spinti dall’effetto shock della cancellazione da parte della Corte suprema della sentenza Roe v. Wade sul diritto d’aborto. Una sorta di miracolo, considerando che storicamente a Midterm vince il partito opposto a quello che governa la Casa Bianca: dal 1934 l’unico presidente al primo mandato il cui partito non ha perso seggi nel voto di metà mandato è stato nel 2002 George W. Bush, nel primo anno della guerra in Afghanistan dopo l’11 settembre.

Ma più recentemente per gli americani la priorità è tornata ad essere il carovita – con l’inflazione alle stelle e il timore della recessione – insieme alla criminalità. Per questo ora è prevista una ‘red wave’, un’onda rossa, alla Camera, mentre il controllo del Senato appare incerto. Secondo il sito RealClearPolitics (Rcp), alla House i repubblicani potrebbero contare già su una maggioranza di 225 seggi mentre i dem (che ora ne hanno 222, 4 in più del quorum) sono fermi a 173 e non avrebbero alcuna chance neppure se dovessero vincere le 37 gare più incerte.

Al Senato i dem sperano almeno di mantenere il precario equilibrio di 50 a 50, spezzato a loro favore solo dal voto della vicepresidente Kamala Harris. Ma, sempre secondo Rcp, si parte da 45 a 48 per i repubblicani, con sette duelli in bilico, in particolare in Pennsylvania, Giorgia, Arizona e Nevada, dove corrono candidati trumpiani. Si voterà anche per varie cariche statali, tra cui quella di governatore in 36 dei 50 Stati, e per una serie di referendum.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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