Presidente Mattarella riparte dalla politica estera, vede Macron e poi Rutte

Dichiarazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al termine del conferimento dell'incarico all'on. Giorgia Meloni. (Ufficio stampa Presidenza della Repubblica)
Dichiarazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al termine del conferimento dell'incarico all'on. Giorgia Meloni. (Ufficio stampa Presidenza della Repubblica)

ROMA. – Non male, tutto sommato. Il governo è nato e il presidente della Repubblica tira un sospiro di sollievo. Ce n’era bisogno e subito. Troppe le emergenze da affrontare a tamburo battente. Sergio Mattarella traccia una linea, consapevole che i cittadini hanno scelto con chiarezza da chi essere governati e che la squadra di Giorgia Meloni non presenta criticità tali da allarmare, il Colle, le cancellerie e i mercati. Non entra certo sulla scelta dei nomi, il presidente.

Non ce n’è stato bisogno: la presidente del Consiglio si è mostrata intelligentemente pragmatica: sapeva benissimo da settimane quali erano i confini invalicabili per il Quirinale. E non li ha superati. Tanto che nelle ore più difficili, quelle con le uscite putiniane di Silvio Berlusconi, ha chiamato il presidente per dirgli francamente che su alcuni ministri avrebbe fatto da sola pur di chiudere il cerchio.

E con gli alleati?, sarebbe stata l’ovvia replica del capo dello Stato. Garantisco io, la risposta di Giorgia che si è assunta in prima persona la responsabilità di superare gli ostacoli con un piglio decisionista che non è dispiaciuto al presidente. tanto che, assicurano, Giorgia Meloni è entrata al Quirinale con un a lista ed è uscita con la stessa: nessuna modifica dell’ultima ora.

Il sospiro di sollievo che si è sentito al Quirinale è frutto di diverse considerazioni tutte legate alla salute del Paese: Per prima cosa il presidente è superpartes per definizione e come tutti gli inquilini ha il dovere di assicurare un governo all’Italia. Questa volta è stato facile, come ha ricordato lo stesso Mattarella motivando le ragioni di un incarico lampo.

Poi, perché nasconderlo?, si sono evitate alcune derive pericolose che nelle prime ore post-elezioni circolavano sui media, nonché nomi di personaggi che per vari motivi avrebbero potuto avere problemi di opportunità politica. Certo, è facile immaginare che non sia proprio il governo più vicino ideologicamente al Mattarella cattolico progressista, attentissimo ai diritti, alle minoranze e a tutte le tematiche sociali. Ma “l’arbitro” tale è rimasto come quando varò un inimmaginabile governo giallo-verde con Salvini e Di Maio alleati.

Infine, forse è questo il punto fondamentale, ogni giorno perso era un problema per l’immagine dell’Italia, allarmava i mercati e rimandava scelte di politica economica che il Quirinale ritiene urgentissime. Tutti al lavoro, quindi, per aggredire le emergenze, a partire dal caro-bollette. In primis Chigi che ha un compito da far tremare le vene nei polsi da eseguire in tempi stretti. E il Quirinale che attraverso Sergio Mattarella si è costruito in questi lunghi anni una credibilità internazionale tale da puntellare ogni crepa d’immagine.

Un po’ per caso e un po’ no, si riparte a razzo e già nelle prossime ore il presidente incontrerà per ben due volte il presidente francese Emmanuel Macron. Il capo dell’Eliseo si trova a Roma per partecipare insieme a Mattarella ad un importante evento della Comunità di sant’Egidio, associazione bandiera di un cattolicesimo aperto ed inclusivo che non è esattamente quello che si evince guardando alcuni ministri che oggi hanno giurato al Quirinale. Ma la Francia rimane un partner fondamentale per qualunque Paese in Europa e per qualunque governo. Per questo anche Giorgia Meloni, ora che è ufficialmente in carica, sta valutando la possibilità di avere un primo contatto con l’inquilino dell’Eliseo.

Ma intanto c’è Mattarella a perfezionare la sua già stretta rete di relazioni internazionali. Subito dopo Macron, il presidente volerà nei Paesi Bassi per un’articolata visita di Stato nella quale avrà modo di confrontarsi anche con uno dei “duri” d’Europa, il premier olandese Mark Rutte. Una sorta di “signor no” per le dinamiche dei Paesi mediterranei, alla guida di un Paese satellite dell’ala oltranzista tedesca con cui Mario Draghi si è scontrato fieramente in queste settimane. Anche laggiù il presidente potrebbe fare da apripista per le future battaglie europee di Meloni e Tajani.

(di Fabrizio Finzi/ANSA)

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