Assalto Capitol Hill, quattro mesi a Bannon per oltraggio. Citato Trump

Scontri fra simpatizanti di Trump e la polizia davanti al Capitol Hill.
Scontri fra simpatizanti di Trump e la polizia davanti al Campidoglio. (AFP/ Joseph Prezioso ) AFP)

WASHINGTON. – Quattro mesi e 6.500 dollari di multa: è la pena inflitta da una corte federale di Washington al 68enne Steve Bannon, l’ex capo della campagna elettorale di Donald Trump e poi suo stratega della Casa Bianca, per oltraggio al Congresso: un reato legato al fatto che si è rifiutato di testimoniare e fornire documenti nell’indagine parlamentare sull’assalto al Capitol del 6 gennaio 2021.

L’accusa aveva chiesto due mesi in più (oltre ad una multa più salata da 200 mila dollari), ossia la metà del massimo previsto. Bannon comunque resterà in libertà perché la pena è stata sospesa in attesa del preannunciato appello, che tuttavia dovrà essere presentato nei tempi previsti, altrimenti lo attende il carcere entro il 15 novembre.

Si tratta del primo risultato concreto dell’inchiesta della Camera, che entro fine anno presenterà le sue conclusioni. Bannon è anche il luogotenente di più alto profilo nella cerchia del tycoon ad essere condannato in relazione all’attacco al Campidoglio, anche se indirettamente per la mancata cooperazione con le indagini. A novembre sarà invece il turno dell’ex consigliere Peter Navarro, accusato dello stesso reato.

Anche Trump ha ricevuto un mandato di comparizione per consegnare documenti entro il 4 novembre e per una testimonianza giurata entro il 14 novembre. Se non lo rispetterà, rischia il carcere come il suo ex stratega, a meno che non tenti di bloccarlo ricorrendo alla corte suprema o di dribblarlo invocando il quinto emendamento contro l’autoincriminazione.

Intanto si complica la sua posizione nell’inchiesta sulle carte classificate sequestrate nella sua residenza di Mar-a-Lago: il Washington Post ha svelato che alcuni di quei documenti riguardano informazioni di intelligence altamente sensibili sull’Iran e sulla Cina e che almeno uno è relativo al programma missilistico di Teheran: tutto materiale che, se rivelato, potrebbe mettere a rischio i metodi di raccolta informazioni da parte dell’intelligence. Ma per il tycoon si tratta solo di fughe di notizie pilotate su una ‘bufala’.

Bannon, ideologo dell’estrema destra populista americana, aveva invocato l’immunità del privilegio esecutivo. Ma Trump non lo ha fatto e quindi Bannon, che “era un cittadino privato il 6 gennaio”, non può avvalersene, secondo il giudice Carl Nichols (nominato dall’ex presidente). Il magistrato ha sottolineato che l’imputato non ha mostrato alcun segno di pentimento e che la pena ha anche una funzione deterrente per scoraggiare altri a non cooperare con il parlamento, che è espressione della volontà popolare.

“Rispettare il Congresso è una componente importante del nostro sistema costituzionale”, ha ammonito. Lui ha risposto che non ha alcuna ragione di scusarsi perché non ha fatto nulla di male, anche se non ha voluto raccontare alla commissione della Camera delle sue telefonate e dei suoi movimenti sospetti alla vigilia dell’assalto, dopo che aveva previsto si sarebbe scatenato “l’inferno”.

E dopo la sentenza ha lanciato nuove minacce in vista delle elezioni di Midterm, quando i repubblicani potrebbero riconquistare almeno la Camera: “L’8 novembre sarà il giorno del giudizio per il regime illegittimo di Joe Biden”, ha tuonato, prefigurando la sconfitta dei dem, la fine del potere della speaker Nancy Pelosi e l’impeachment del ministro della Giustizia Merrick Garland.

Quindi, mentre alcuni manifestanti gridavano ‘Bannon traditore’ e ‘lock him up’ (arrestatelo), ha assicurato di “rispettare il giudice e la sua sentenza”, ma ha anticipato che farà “un appello vigoroso”. Nel frattempo dovrà vedersela anche con un’altra causa a New York per la truffa nella raccolta fondi per il muro al confine col Messico (dopo essere stato graziato dall’ex presidente sul fronte federale).

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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