Truss si dimette travolta dal caos, il Regno affonda

La Primo Ministro Britannica Liz Truss rinuncia all'incarico sul portone di Downing Street 10.
La Primo Ministro Britannica Liz Truss rinuncia all'incarico sul portone di Downing Street 10. EPA/ANDY RAIN

LONDRA. – Londra brucia il suo quarto primo ministro conservatore in sei anni e sprofonda nell’ennesima crisi di governo. Una crisi questa volta davvero senza precedenti, per la velocità grottesca alla quale s’è consumata, destinata a proiettare l’ombra di un avvitamento di sistema per un Regno Unito a rischio di disunione: non più roccia secolare di solidità istituzionale ma isola sferzata da venti d’instabilità permanente (ben al di là dei cliché di certi paragoni mediatici con l’Italia) alimentati dai contraccolpi d’una Brexit che incomincia a presentare i suoi conti, oltre che da sommovimenti internazionali e lacerazioni domestiche strutturali sul piano economico, politico, sociale e geografico.

Liz Truss, 47 anni, ne è da oggi il simbolo più clamoroso e imbarazzante: costretta ad annunciare le proprie dimissioni appena 45 giorni dopo l’avvento a Downing Street in sostituzione di Boris Johnson. Schiantata da errori in serie, da una girandola impazzita d’inversioni di rotta sui programmi e dalla rivolta di quella stessa maggioranza conservatrice che appena tre mesi fa aveva affondato il predecessore BoJo: oggi rimpianto da molti, almeno nella base militante Tory, e tentato da un’ipotesi di ritorno che pare rafforzarsi di ora in ora a dispetto di trame e scandali.

La partita si riapre in ogni caso come su una giostra fuori controllo. Con le opposizioni unite – dai laburisti, ai liberaldemocratici, agli indipendentisti scozzesi dell’Snp – che invocano come “un imperativo democratico” la via d’uscita “dal caos” delle elezioni anticipate (suicida al momento per un Partito Conservatore che se si votasse oggi verrebbe decimato rispetto al trionfo alle urne di fine 2019, fino a 36 punti di scarto dal Labour di Keir Starmer).

E la maggioranza disperatamente decisa a cercare di resistere, almeno per qualche mese se potrà, e a darsi un nuovo leader, terzo di una legislatura giunta poco oltre la metà, in attesa di tempi un po’ meno peggiori. “Sono entrata in carica in una fase di grande instabilità economica e internazionale”, ha provato a giustificarsi Truss annunciando repentinamente il passo indietro dopo l’ulteriore accelerazione odierna dello sfaldamento della sua maggioranza seguito alla retromarcia sul pacchetto iniziale di tagli delle tasse in deficit, al caos venutosi a creare nella compagine, al siluramento in pochi giorni prima del cancelliere dello Scacchiere ultraliberista, Kwasi Kwarteng, poi della ministra dell’Interno anti immigrazione, Suella Braverman, rimpiazzati rispettivamente dai moderati Jeremy Hunt e Grant Shapps.

“Riconosco – ha proseguito nel tradizionale discorso alla nazione dinanzi a number 10 – di non poter realizzare il mandato per cui sono stata eletta dal Partito Conservatore, data la situazione. Ho quindi parlato con Sua Maestà il Re per informarlo che mi dimetto da leader. Rimarrò primo ministro finché non sarà scelto un successore”. Successione per la quale le procedure dovranno inevitabilmente essere più rapide rispetto a quelle del dopo Boris. Come concordato dalla stessa Truss con sir Graham Brady, presidente del comitato 1922, sinedrio delle rese dei conti in casa Tory.

Le nuove regole, modificate in corsa, obbligheranno i pretendenti ad avere il sostegno di almeno 100 dei circa 350 deputati della maggioranza e a non essere dunque più di tre: se emergerà una convergenza emergenziale su una figura unica, l’incoronazione avverrà direttamente a Westminster lunedì; altrimenti i due nomi più suffragati dai colleghi parlamentari dovranno sottoporsi a un voto elettronico o postale di spareggio affidato agli iscritti, da concludersi comunque venerdì 28: in modo da avere un premier nel pieno delle funzioni – il primo designato dal nuovo sovrano Carlo III, dopo i 15 del lungo regno di Elisabetta II spirata a settembre giusto due giorni dopo aver insediato Liz Truss – prima del 31, giorno della prevista illustrazione alla Camera dei Comuni di una cruciale manovra sulle coperture finanziarie anti crisi.

Fra i nomi potenziali, si è già sfilato Jeremy Hunt, il cancelliere gradito all’establishment (ma molto meno alla pancia Tory attuale) chiamato in extremis da Truss per rassicurare i mercati. Mentre i bookmaker scommettono in apertura sul pragmatico Rishi Sunak: giovane ex cancelliere di origini familiari indiane che a settembre era stato battuto da Liz al ballottaggio dopo aver ricevuto più consensi di lei tra i deputati, azzoppato dall’immagine di presunto traditore di Johnson. O in alternativa sulla ministra Penny Mordaunt, brexiteer post-ideologica fra i pochi in grado di raccogliere simpatie trasversali nella litigiosa zattera della medusa Tory di oggi.

Anche se il vero ammazzasette potrebbe tornare a essere proprio BoJo, congedatosi obtorto collo due mesi fa con una citazione non casuale dell’arrivederci di Terminator (‘Hasta la vista, baby’) e rientrato stasera di corsa a Londra da una vacanza dalla Repubblica Dominicana per valutare concretamente – secondo Times e Telegraph – le proprie chance di resurrezione a distanza ravvicinatissima: di un ritorno al potere del tutto inusuale nella tradizione britannica, ma di cui nel XX secolo fu ad esempio capace il suo idolo Winston Churchill.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)