L’ultima sfida di Draghi: “Ue unita, serve equità”

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al suo arrivo a Bruxelles per partecipare al Consiglio europeo
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al suo arrivo a Bruxelles per partecipare al Consiglio europeo. (Ufficio stampa Presidenza del Consiglio)

BRUXELLES. – Un’Europa divisa e in recessione fa solo un favore a Vladimir Putin. Serve intervenire sull’energia. L’ultima battaglia in Europa di Mario Draghi è forse anche la più difficile. Il premier italiano è volato ad un Consiglio europeo dove lo scontro è permanente e con la posizione della Germania su price cap e debito comune che, rispetto a qualche mese fa, è apparsa ancora più rigida.

Eppure, in un intervento descritto da più fonti europee come nettissimo e forte, il premier uscente ha ribadito l’urgenza delle misure energetiche. Che Roma ritiene non più differibili. La bozza di conclusioni del summit, in cui si invita la Commissione ad andare avanti con il lavoro su una serie di misure sull’energia, non soddisfa il presidente del Consiglio. Draghi ritiene che il mandato dei 27 all’esecutivo europeo debba essere più chiaro, più netto, più concreto.

E’ difficile che il capo del governo rientri a Roma con il bottino pieno. Il muro dei falchi del Nord per l’intero dibattito nella sessione energia ha retto. Sia contro l’ipotesi di un price cap dinamico e temporaneo sia contro la possibilità di uno Sure 2 sull’energia. Punti, questi, che per l’Italia sono pilastri.

“Dobbiamo adottare misure che incidano subito sui prezzi, come un price cap e come una riforma del mercato elettrico”, ha sostenuto Draghi. La battaglia dell’Italia, ora, non è più solo sul price cap. La necessità di un debito comune europeo è ritenuta parimenti importante. “Gli Stati Membri devono avere una capacità di spesa comune per difendere il level playing field. Non è una questione di solidarietà ma di salvaguardia del mercato interno”, ha scandito Draghi.

Riferendosi, anche se non è stata citata, innanzitutto a Berlino e al suo scudo da 200 miliardi annunciato nelle settimane scorse. Il rischio – ha evidenziato il premier – è quello di una frammentazione del mercato che può avere riflessi negativi sull’unità europea se i Paesi che hanno maggior spazio fiscale operano in autonomia.

Il tema, per Palazzo Chigi, è semplice: serve che ci sia equità tra i Paesi membri e che non siano favoriti quelli che hanno bilanci meno oberati dal debito. Anche per questo, se da un lato Draghi non si è detto contrario a un price cap al gas che forma il prezzo dell’elettricità – il cosiddetto modello iberico, voluto anche dalla Francia, ad esempio – dall’altro ha spiegato come il differenziale tra prezzo amministrato e prezzo di mercato debba essere pagato con strumenti comuni. Prestiti, non sovvenzioni, sulla scia dello Sure.

Al fianco, Draghi ha più di un alleato. Ma ha le ore contate. Dalla settimana prossima ad affrontare i ‘no’ di Scholz o di Rutte dovrebbe essere Giorgia Meloni. Nonostante le fratture tra gli Stati membri, il premier ha comunque incassato l’abbraccio dell’Europa. Il Consiglio Ue ha preparato un video con cui congedarlo. E, prima del summit, Draghi ha salutato i funzionari della Rappresentanze italiani presso Nato, Ue e Belgio.

“L’appartenenza all’Unione e alla Nato sono capisaldi della nostra politica estera. Le alleanze che abbiamo stretto e che continuiamo a stringere ci convincono che siamo dalla parte giusta”, ha sottolineato il presidente del Consiglio rimarcando come la credibilità, per un Paese, sia il miglior strumento per ottenere risultati. Parole pronunciate non a caso, nelle ore in cui, in Europa, impazza il caso Berlusconi.

(di Michele Esposito/ANSA)

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