La Cina frena, Xi rinvia i dati sulla crescita del Pil

In una foto dell'Ufficio Stampa persone guardano per strada uno schermo gigante con Xi Jinping.
In una foto dell'Ufficio Stampa persone guardano per strada uno schermo gigante con Xi Jinping.

PECHINO. – La Cina posticipa a data da destinarsi la diffusione dei dati sul Pil terzo trimestre del 2022 e di un’altra serie di importanti indicatori economici previsti in settimana, tra produzione industriale, vendite al dettaglio e disoccupazione urbana. E ferma l’export di Gnl verso l’Europa e l’Asia per soddisfare il fabbisogno interno a uso riscaldamento in vista dell’inverno, secondo l’agenzia Bloomberg.

Nel mezzo dei lavori del XX Congresso nazionale del Partito comunista, aperto domenica dalla relazione del presidente Xi Jinping, l’Ufficio nazionale di statistica, in una nota, ha annunciato che il rilascio dei dati macroeconomici sarebbe stato “rinviato” senza specificare i motivi, a pochi giorni dall’analogo provvedimento preso venerdì sulla bilancia commerciale di settembre.

La lettura prevalente nella comunità straniera di Pechino è che i dati non sarebbero stati all’altezza delle aspettative ambiziose del Congresso, che punta ad accelerare l’avanzamento di una crescita “di alta qualità”, basata su spinta tecnologica, autosufficienza, “armonia tra umanità e natura” e “prosperità comune”, come ha puntualizzato Xi nella sua relazione. Anche perché all’ultimo congresso del Pcc, nel 2017, il Pil di luglio-settembre fu rilasciato senza problemi (si attestò ad un +7%), nonostante la data cadesse nel mezzo dei lavori.

I dati del Pil di luglio-agosto erano originariamente previsti per martedì alle 10 locali (le 4 in Italia) ed erano molto attesi come riscontro dello stato di salute dell’economia, cresciuta appena dello 0,4% annuo nel secondo trimestre anche a causa dei lockdown anti-Covid. Le stime degli analisti si attestano al 3,4-3,7%, grazie agli effetti delle politiche di sostegno degli ultimi mesi, con un obiettivo per il 2022 intorno al 3% contro il “circa il 5,5%” di target governativo.

Malgrado le oscillazioni di mese in mese per “fattori imprevisti come l’ambiente esterno, la pandemia e il clima estremo”, l’economia ha mantenuto nel complesso la crescita, ha detto Zhao Chenxin, vice direttore della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme (Ndrc), il massimo ente di pianificazione economica di Pechino, nella conferenza stampa a margine del congresso.

“I principali indicatori economici su industria, servizi, investimenti e consumi hanno continuato a riprendersi e la crescita è stata mantenuta”, ha sostenuto. Intanto, proprio la Ndrc, secondo fonti a conoscenza del dossier sentite da Bloomberg, ha sollecitato i colossi nazionali PetroChina, Sinopec e Cnooc a “mantenere i carichi invernali di Gnl per uso domestico”, bloccando le spedizioni che avevano portato sollievo agli acquirenti europei ed asiatici con la crisi innescata dall’aggressione russa all’Ucraina.

Gli operatori cinesi, del resto, devono tenere in considerazione le indicazioni di Xi sul rispetto della sicurezza energetica, con la transizione verde prudente per evitare le crisi. Ma sull’economia pesano le strategie di Xi, destinato a ricevere un inedito terzo mandato alla segreteria generale del Pcc. Due anni fa presentò piani ambiziosi per espandere la ricchezza della Cina e raddoppiare le dimensioni dell’economia nazionale entro il 2035: il piano richiederebbe, secondo gli analisti, una crescita di quasi il 5% annuo per i prossimi 15 anni.

Allo stato, tuttavia, molti economisti e istituzioni internazionali (come Fmi e Banca mondiale) stimano che il 5% non possa essere raggiunto per quest’anno, per il 2023 e per quelli a seguire nel breve termine. Dal 2012, dall’elezione alla segreteria generale, Xi ha messo lentamente anche al centro dell’economia il marxismo-leninismo a presidio della rettitudine ideologica e della sicurezza nazionale, insistendo su un maggiore controllo dello Stato e su un ruolo primario alle grandi compagnie pubbliche (Soe).

Un approccio che ha colpito – come ha dimostrato la stretta sul settore hi-tech e del tutoraggio scolastico – il settore privato che per decenni è stato il traino della crescita. Senza dimenticare la crisi del comparto immobiliare, finito nel mirino della leadership comunista per il debito elevato: da solo ha generato un terzo circa del Pil per un ventennio.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

Lascia un commento